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‘Zone morte’, l’inquinamento viene anche dagli oceani

(Rinnovabili.it) – Le ‘zone morte’ prive di ossigeno e di vita, si stanno diffondendo nel fondo oceanico lungo le coste di tutto il mondo e, secondo uno studio statunitense, potrebbero essere una delle principali cause dell’innalzamento della temperatura globale. La ricerca, pubblicata su Science, grazie alla voce dell’oceanografo Lou Codispoti, dell’University of Maryland Center for Environmental Science spiega come in assenza di ossigeno le death zone siano in grado di produrre una maggiore quantità di protossido di azoto, gas che va ad aumentare l’effetto serra e quindi il riscaldamento globale, esponendoci ad una quantità sempre maggiore di radiazioni ultraviolette. In conclusione una maggiore presenza di zone morte nonché l’espansione di quelle già esistenti portano ad un aumento delle percentuali del gas in atmosfera, ritenuto potente e determinante per l’integrità dell’ozono atmosferico.
Il dott. Codispoti ha inoltre spiegato come l’attività antropica, oltre ad avere un effetto sull’aumento della produzione di CO2 sia colpevole dell’aumento del numero e dell’estensione delle zone morte generate dalla presenza nelle acque di diserbanti che compromettono gli ecosistemi causando la nascita di zone senza vita in grado di generare il protossido di azoto aumentando l’impatto climatico. “Negli ultimi 400.000 anni, i livelli atmosferici del N2O sembrano cambiare più o meno in parallelo con l’anidride carbonica e hanno avuto un impatto modesto sul clima. La situazione però potrebbe cambiare. Proprio come le attività umane possono causare un aumento senza precedenti nelle fonti terrestri di N2O, la produzione di N2O marina potrebbe anche aumentare in modo sostanziale a causa dell’inquinamento dei nutrienti, riscaldando le acque e acidificando gli oceani. Poiché l’ambiente marino è un produttore di N2O, gran parte di questa produzione sarà persa nell’atmosfera, andando a rafforzare ulteriormente l’impatto climatico”.

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