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WWF: 40 Gton di CO2 ci separano dalla catastrofe climatica

Con le attuali politiche climatiche il mondo rischia di spendere oltre il limite possibile il ‘budget’di carbonio ancora a disposizione entro il 2020. Un nuovo report spiega il come e il perché

(Rinnovabili.it) – “Chiudiamo la falla climatica”. E’ il monito lanciato oggi dal WWF e nel contempo il titolo dell’ultimo rapporto redatto dall’organizzazione ambientalista per sottolineare ancora una volta come il tempo dell’inazione sia finito. Il divario che ancora che tiene lontano il Pianeta dalla sconfitta ambientale, agli attuali ritmi emissivi, potrebbe essere colmato anche prima del 2020 e ben lo spiega il report “Plugging the gap – Chiudiamo la falla climatica”:https://assets.panda.org/downloads/wwf_plugging_the_gap_final.pdf, presntato non a caso durante queste giornate di Summit sul clima a Tianjin, Cina; un documento che ripropone un allarme, quello della sicurezza climatica, ma lo fa con dati ancor più preoccupanti. Secondo gli autori le attuali strategie politiche contro la CO2 potrebbero comportare, anziché una riduzione, addirittura un aumento globale di emissioni di gas serra, stimabile di oltre un terzo il limite soglia indicato dalla comunità scientifica come il “punto di non ritorno”.
Secondo il report al Pianeta rimarrebbe da immettere in atmosfera al massimo *40 Gigatonnellate di gas CO2 equivalenti ogni anno,* fino al 2020, livello oltre il quale si prefigurano eventi climatici catastrofici. “Purtroppo però – spiega il WWF in una nota stampa – pare che il mondo si avvii verso livelli molto più alti, tra le 47.9 e le 53.6 Gigatonnellate l’anno se ci si basa sugli impegni di riduzione delle principali economie mondiali, impegni che, come sappiamo, non sempre vengono mantenuti”.
Un gap, quello in questione, che risulta complicato da una sorta di ‘scappatoie’ nella rendicontazione. “Accade, ad esempio, che venga calcolata due volte la stessa riduzione di emissioni o addirittura si usino dati fittizi: tutto questo ci ‘costa’ almeno altre 2.4 gigatonellate all’anno entro il 2020”. Il caso riportato è quello del ‘calcolo-doppio’ dei crediti di carbonio, relativo ai progetti low-carbon realizzati nei paesi in via di sviluppo (CDM); i tagli alle emissioni conseguiti, infatti, possono essere calcolati sia nei registri delle nazioni dove sono stati attuati che in quelli dei paesi sviluppati dietro al progetto.
“Non solo, – aggiunge il WWF – i soldi spesi per comprare i crediti dei CDM possono addirittura essere calcolati tra i fondi per sostenere i paesi in via di sviluppo nell’ambito degli impegni finanziari sul clima!” Una via corretta esiste e la mette in luce lo stesso report: ulteriori e concreti sostegni finanziari alle economie emergenti per sostenere la loro transizione low carbon, al di là degli impegni che già stanno attuando unilateralmente, permetterebbero di ridurre il gap di 1.7 gigatonnellate. Inoltre puntare sulla riduzione delle emissioni di settori come la navigazione marittima o quella aerea – che ancora non rientrano nel regime internazionale sul clima – ed eliminare i crediti derivati dai CDM generati dai progetti necessari potrebbe eliminare dal conteggio altre 1,3 gigatonnellate di CO2.

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