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World Ocean Day 2010: un tuffo nel Pianeta Blu

Provvisoriamente domata, la marea nera continua a minacciare coste e biodiversità. Mai come quest’anno la “Giornata Mondiale degli Oceani”:https://www.theoceanproject.org/wod/ cade in un momento in cui l’attenzione globale è rivolta alla bellezza e alla fragilità delle enormi distese azzurre che circondano le terre emerse.
Acquari, giardini zoologici, musei, organizzazioni per la conservazione, università, scuole e aziende ogni anno in numero crescente (230 nella scorsa edizione) per paesi partecipanti trovano nell’8 giugno un’occasione per celebrare il rapporto di ogni forma di vita con gli oceani, il legame indissolubile tra l’acqua, l’aria e la terra.
Nonostante le minacce quotidiane a fauna e flora ittica i dati rivelano che *solo l’1% delle acque oceaniche è attualmente messo sotto tutela* (contro il 14% delle terre emerse) mentre il restante 99% è lasciato a se stesso in balia di pratiche di pesca selvaggia e del passaggio delle _carrette del mare_. Una situazione preoccupante che ha catalizzato diversi appelli: “E’ giunta l’ora che le acque internazionali d’alto mare ricevano una maggiore attenzione – ha dichiarato Marco Costantini, responsabile mare del “WWF Italia”:https://www.wwf.it/client/render.aspx – Si deve contrastare la pesca illegale, impedire la circolazione di navi oceaniche ‘carretta’”, ribadendo la necessità di valutazioni di impatto ambientale e di rischio per tutte le attività che comportano dei rischi “come quello nel Golfo del Messico, che avrà conseguenze sugli ecosistemi marini e costieri per almeno 50 anni”.
Celebrata per la prima volta nel 1992 da allora gli appelli in occasione della Giornata degli Oceani si ripetono come un monito a quei governi che, effettivamente, stanno facendo ben poco per la salvaguardia delle acque definite di “alto mare” ossia quei tratti che non rientrano nella giurisdizione nazionale ma che occupano i 2/3 degli oceani presentando la più ricca varietà di essere viventi che, senza tutela, vengono letteralmente saccheggiati con danni spesso irreversibili.
Il peggior flagello? I dati rilasciati dal WWF puntano il dito contro la pesca illegale, che oltre ad impoverire le acque danneggia le barriere coralline, ecosistemi delicatissimi che hanno tempi di crescita molto lenti “E’ giunta l’ora che le acque internazionali d’alto mare ricevano una maggiore attenzione da parte di tutti i paesi, non solo quelli rivieraschi – ha proseguito Marco Costantini – Come prima cosa, si deve contrastare la pesca illegale, grazie anche alla ratificazione dell’Agreement on Port State Measures. Poi ci si deve impegnare per impedire la circolazione di navi oceaniche _carretta_, alcune delle quali atte al trasporto del petrolio: la Exxon Valdez, petroliera che nel 1989 si infranse su uno scoglio dell’Alaska, circola ancora oggi dopo più di venti anni, e solo da pochi anni non trasporta più petrolio. È infine necessario, per quanto riguarda le attività estrattive, mettere in campo valutazioni di rischio che includano la previsione e la quantificazione dell’enorme danno ecologico, sociale ed ambientale in caso di disastri come quello attualmente in corso nel Golfo del Messico, che avrà conseguenze sugli ecosistemi marini e costieri per almeno 50 anni”.
In grado di fornire lavoro a ben 170 milioni di persone in tutto il Pianeta, il Green economy Report redatto dall’Unione Europea e presentato il mese scorso ci rivela la presenza di 20 milioni di imbarcazioni da pesca con 35 milioni di pescatori creatori di una rete di mercato allargata che arriva a contare fino a 520 milioni di persone coinvolte in maniera diretta e indiretta.
Aree protette, parchi marini e una corretta gestione della pesca potrebbero sicuramente rallentare i danni che il *Pianeta blu* sta subendo, ma le minacce arrivano anche dall’azione antropica causa diretta dell’innalzamento della temperatura globale, dello scioglimento dei ghiacciai e del conseguente aumento dei livelli del mare e dell’acidificazione delle acque, causa di morte per le specie marine, flora e fauna, e motore di uno degli esodi più massicci che stanno caratterizzando le zone più povere del Globo, i cui protagonisti sono ormai conosciuti come ‘profughi climatici’, costretti al lasciare le proprie terre per via dell’avanzamento delle acque e della conseguente contaminazione delle falde che, divenendo salmastre, risultano inutili sia per la sussistenza che per l’irrigazione dei campi.
“Se vogliamo salvaguardare la capacità degli oceani di soddisfare molte e variegate necessità, dobbiamo agire di più. In occasione di questa seconda commemorazione annuale della Giornata Mondiale degli Oceani, esorto i Governi e i cittadini in ogni luogo a riconoscere l’enorme valore del mondo degli oceani e a giocare la propria parte nel garantirne salute e vitalità” queste le parole del segretario Onu Ban Ki Moon.

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