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Un laser come operatore ecologico dei rifiuti in orbita

(Rinnovabili.it) – Utilizzare un raggio laser per ‘far pulizia’ degli oltre 200mila rifiuti spaziali che galleggiano intorno alla Terra. L’idea nasce nel 1990 quando l’Air Force americana studia, per la prima volta, l’ipotesi di impiegare un laser per ridurre il volume, e nel contempo “de-orbitare”, i detriti spaziali che stanno saturando le orbite geostazionarie delle stazioni spaziali e dei satelliti. Un‘idea scartata e ora ripresa da James Mason del _NASA Ames Research Center_ con qualche piccola ma sostanziale variazione. In collaborazione con alcuni ricercatori della Standford University, Mason sta infatti valutando la possibilità di usare un fascio fotonico da 5 kW per rallentare e deviare il tragitto dei detriti. Secondo lo scienziato della NASA basterebbe focalizzare il laser su un rifiuto per un’ora o due ogni giorno e ottenere il risultato voluto: allontanare i detriti dalle orbite potenzialmente pericolose e addirittura a ribaltare la *_sindrome di Kessler,_* lo scenario, proposto dal consulente NASA Donald J. Kessler, secondo cui il volume di rifiuti spaziali diverrebbe così elevato da determinare frequenti collisioni, creando una reazione a catena con incremento esponenziale del volume dei detriti stessi.
Il progetto americano si avvicina a quello proposto un mese fa dalla JAXA, l’Agenzia Spaziale giapponese, che ha reclutato la Nitto Seimo per progettare speciali reti spaziali. L’obiettivo dell’agenzia nipponica è di riuscir a realizzare *maglie metalliche lunghe e molto fitte* che catturino anche i granelli più piccoli da recuperare a fine lavoro grazie all’uso di campi magnetici: caricate di elettricità le reti dovrebbero, secondo il progetto, essere attirate verso l’atmosfera, dove brucerebbero senza quindi impattare con il suolo.

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