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Ultima fase a Copenhagen: voci, illazioni e ipotesi

(Rinnovabili.it) – Le strategie, le comunicazioni e le indiscrezioni alla Conferenza Mondiale sul Clima a Copenhagen si susseguono sempre più freneticamente quanto più si avvicina la conclusione del summit.
Per esempio gira insistentemente la voce che Cina, India, Sudafrica e Brasile starebbero per fare una proposta che dovrebbe contribuire a sbloccare l’impasse in cui i negoziati si sono impantanati.
Anche gli Stati Uniti, con il suo presidente, sono al centro di una serie di voci che da una parte lo vedrebbero accordarsi con la leadership cinese affinché qui a Copenhagen non si giunga ad una decisione condivisa e vincolante. Obama vuole un accordo, ma non qui e non ora, con il Senato Usa che tiene bloccata la sua legge su clima e energia. Quando (sembra in primavera) la legge dovrebbe essere approvata, allora ci sarebbero per Obama anche le condizioni politiche per ricercare un accordo globale. Procrastinare l’accordo sarebbe anche un obiettivo della Cina, ma per altri motivi, più legati alla capacità economica e tecnologica di tagliare significativamente i gas serra di cui è il maggior produttore mondiale, seguita appunto dagli States.
Altre voci invece indicano un Obama che arriverebbe venerdì 18, l’ultimo giorno, con un asso nella manica tale che consentirebbe di concludere l’accordo globale e al presidente stesso di portarsi a casa il merito di un simile mezzo miracolo.
L’Unione europea rimane vincolata al suo “20-20-20”, ma se qualcuno la appoggiasse (ipotesi sempre più peregrina) sarebbe disposta a portare il taglio della CO2 fino al 30% entro il 2020.
A questo punto a Copenhagen si è a un bivio. Da un lato i paesi industrializzati che, quando nel 2012 scadrà il Protocollo di Kyoto, vorrebbero un accordo generale, che coinvolga tutti i paesi per combattere i cambiamenti climatici, ma diversificati per ogni paese, in base alla ricchezza e considerate le attuali emissioni. Gli altri, il G77, i pesi in via di sviluppo, vogliono invece migliorare il Protocollo di Kyoto, calibrarlo su nuovi standard, e quindi renderlo operativo anche dopo il 2012.

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