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Toscana, scienziati divisi sull’impatto della geotermia

Scienziati divisi sull’impatto della geotermia sull’ambiente amiatino, tra polemiche, violenti attacchi e alcune evidenze non contestate, tanto da indurre alla fine l’assessore regionale all’energia, Anna Rita Bramerini, a chiedere ai tecnici di aiutare gli amministratori e i cittadini ad acquisire un quadro unitario, anche se non univoco, evitando risse, animosità e faziosità.
In effetti i toni del convegno sull’idrogeologia dell’Amiata organizzato dalla Regione Toscana nella Sala del popolo del Palazzo comunale di Santa Fiora, ha vissuto momenti di acceso confronto e a tratti è apparso un dialogo tra sordi più che un sereno confronto tra tesi scientifiche, sia pur contrapposte.
Le due principali in campo rimangono quella della società Edra, convinta dell’esistenza di un’interconnessione tra acquifero e fluidi geotermici, causa di impoverimen to delle falde e di inquinamento, e quella degli studiosi dell’Università di Siena che attraverso un intero studio negano che esista questo collegamento, ritengono che l’inquinamento delle acque sia inferiore a quello che si registra in altre parti d’Italia e che la diminuzione delle portate delle sorgenti sia dovuta alla riduzione delle piogge e non alla geotermia.
Il geologo Andrea Borgia ha riproposto alcune delle accuse già contenute nel comunicato diffuso mercoledì dal Comitato per la salvaguardia ambientale Amiata ovest e ha concluso il suo intervento chiedendo ancora una volta di sospendere temporaneamente lo sfruttamento geotermico per provare la validità delle sue teorie. Adele Manzella dell’Università di Pisa ha detto di non confermare né le tesi di Borgia, né di essere d’accordo con le interpretazioni che lo stesso dà degli studi da lei condotti, consigliando di utilizzare i da ti con estrema cautela, in quanto gli stessi sono tuttora insufficienti. Quello della mancanza di dati in grado di suggerire interpretazioni certe è stato il motivo conduttore degli interventi di tutti gli esperti che si sono succeduti al microfono. Piero Barazzuoli dell’Università di Siena e uno degli autori del più recente e completo studio sull’Amiata, ha ripetuto che chiudere i pozzi per sei mesi non servirebbe, in quanto le sorgenti si esauriscono come minimo in due anni e mezzo.
Michele Marroni dell’Università di Pisa, ha giudicato metodologicamente datato il più famoso studio sull’Amiata, quello condotto da Calamai nel 1970, e si è unito al gruppo di coloro che giudicano necessaria la ricerca di ulteriori dati soprattutto sull’andamento delle faglie presenti sull’Amiata. Giovanni Pietro Beretta, dell’Università di Milano ha affermato che le faglie per loro natura possono anche non permettere l’infiltrazione delle acque, ma rappresentare barriere impermeabili e che si aspettava di trovarvi livelli di arsenico e mercurio nettamente più alti.
A suo giudizio con i dati a disposizione gli studiosi senesi hanno fatto il meglio che si poteva, ma per compiere un deciso salto di qualità ne servirebbero altri e migliori. Molti degli interventi del pubblico hanno sottolineato la mancanza di dati certi e chiesto quindi l’interruzione dello sfruttamento geotermico.
Qualcuno ha affermato di uscire dal dibattito più confuso, c’è chi ha criticato lo studio dell’ateneo senese, altri si sono detti soddisfatti per la trasparenza del confronto. Il sindaco di Arcidosso, Emilio Landi, ha invitato a mettere da parte le tifoserie e ha chiesto risposte chiare e le più attendibili possibili, visto che finchè non ci sarà chiarezza non saranno prese decisioni operative.
Il sindaco di Piancastagnaio, Fabrizio Agnorelli, ha giudicato positivo il metodo del confronto seguito dalla Regione, ma ha detto che per i cittadini è difficile riuscire a capire gli aspetti tecnici.
A suo giudizio alcuni punti fermi già emergono: la buona qualità delle acque dimostrerebbe la non connessione tra fluidi geotermici e acquifero. Agnorelli ha infine chiesto lo smantellamento della centrale di Pc2 in tempi e modi certi, perché sono i cittadini a volerlo.

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