Tornare indietro sulle autonomie locali? La politica energetica in mano allo Stato per non aver problemi sull'installazione delle centrali nucleari? La Prestigiacomo non lo dice, ma questo sembrano significare le sue parole
(Rinnovabili.it) – Il titolo Quinto della Costituzione Italiana è uno degli argomenti di cui si è più dibattuto negli ultimi periodi nelle sedi parlamentari e non. Tutto in vista di quel federalismo che dovrebbe spostare il baricentro della gestione della “res publica” dalle competenze del governo centrale a quelle delle istituzioni locali. E’ la teoria sostenuta da sempre e con forza dalla Lega, fatta poi propria anche dal PdL (Forza Italia più Alleanza Nazionale più altri). Ora alla vigilia della messa in pratica di questa autonomia, su più fronti dell’amministrazione pubblica, c’è chi dice che in realtà l’articolo Quinto, così come è stato modificato, non funziona del tutto e ha bisogno di ulteriori correttivi.
“È necessario – è il ministro dell’Ambiente che parla – avviare un ampio dibattito sulle scelte strategiche in campo energetico del nostro Paese, rivedendo anche il titolo V della Costituzione”, (appunto quello che regola le competenze strategiche tra Stato e Regioni relativamente alle grandi infrastrutture e alla politica energetica). Dopo aver affermato che “Occorre abbandonare l’eco-ideologismo, la politica dei no”, il ministro insiste sul fatto che il titolo Quinto della Costituzione vada rivisto. Il motivo? “Perché – è sempre il ministro che parla – ci porta ad avere dibattiti serratissimi con le regioni ritardando la presa di decisioni”. Che, tradotto in altre parole, vuol dire ridurre l’autonomia delle regioni in materia di politica energetica, perché può essere, come dice testualmente il ministro, “un ritardo per la presa delle decisioni”. E’ evidente come non si riferisca alle decisioni in merito ad un impianto di un campo eolico o della realizzazione di un’installazione fotovoltaica. Il vero obiettivo è l’energia nucleare. Al governo sanno bene (ci sono anche sondaggi in tal senso) che non solo la popolazione è contraria ad un ritorno al nucleare, ma che anche le stesse istituzioni locali non sono certo tutte lì, a braccia aperte, ad accogliere le famigerate centrali. E se la Costituzione affida alle Regioni le competenze di politica energetica, il governo dovrà sudare le proverbiali sette camicie per trovare un sito per ognuna delle quattro centrali che, secondo l’accordo preso con i francesi, dovrebbero essere realizzate nei prossimi anni. Ci potrebbe anche essere l’ipotetico rischio di uno smacco e allora addio alla tanto conclamata “politica del fare”. Se invece cambiasse il titolo V, nel senso che la competenza della politica energetica tornasse nelle mani dello stato centrale, allora le cose potrebbero essere più facili. Almeno sulla carta.