Vent’anni fa è stato uno dei responsabili del «no» italiano al nucleare. Oggi che ha cambiato (legittimamente) idea, Chicco Testa mantiene un approccio disilluso verso la faccenda: «Il nucleare – dice – è solo un pezzo della soluzione al problema energetico. Ma se mi chiedono quante possibilità ci sono che l’Italia torni all’atomo, rispondo che non è semplice. Ci sono di mezzo gli ostacoli nimby e quelle complicazioni tipiche della situazione italiana». Testa, ex presidente Enel, ieri era a Capurso nell’ambito dei Presidi del libro per presentare il suo saggio dello scorso anno («Tornare al nucleare?», Einaudi), in cui traccia un percorso in quattro punti: il primo – l’accordo con i francesi per la tecnologia – Testa l’ha centrato. Ma gli altri tre gradini sono tutto fuorché semplici.
Lei insiste sull’importanza di individuare un sito per lo smaltimento delle scorie, e pare favorevole alla scelta di Scanzano. Così non se ne esce. «Quella dei siti è una polemica in cui non voglio entrare. Mi limito a notare, però, che è bastata una protesta di un paio di giorni per abbandonare un sito lungamente studiato e che tra l’altro ha le giuste caratteristiche geologiche».
Figuriamoci, ed è il terzo dei suoi punti, quando si tratterà di scegliere i siti in cui realizzare le centrali… «Il discorso è simile. C’è al lavoro una commissione. Dipendesse da me, e lo dico contro i miei interessi di residente, partirei esaminando la possibilità di riattivare i siti che già in passato hanno ospitato una centrale».
A parole il nucleare gode oggi di una vasta schiera di estimatori. Ma chi farà il primo passo, e quando? «Personalmente la mia è una battaglia alla Don Chisciotte. Speriamo nelle nuove generazioni. Stamattina (ieri mattina, ndr) ho parlato a cento studenti del liceo Flacco: li ho invitati ad avere fiducia nello sviluppo tecnologico del Paese. Non accetto invece il discorso di una certa sinistra, quello che ha scritto l’altro giorno Dacia Maraini sul Corriere. È straordinario che la sinistra usi il carattere deteriore dell’Italia, la mafia, i rifiuti e tutto il resto, per dire “meglio non fare niente”».
C’era anche lei, tra quelli, vent’anni fa. «Nel movimento antinuclearista era forte la cultura delle scelte alternative: no al nucleare, ma per perseguire l’efficienza energetica e le fonti alternative. Questi vent’anni hanno dimostrato che le fonti alternative vanno fatte, ma non bastano».
Lo dica ai pugliesi, che hanno riempito la regione di eolico e ora stanno per fare lo stesso con il fotovoltaico. «Faccio spesso questo esempio qui. Per produrre con il fotovoltaico la stessa quantità di energia di una centrale nucleare, bisogna coprire di pannelli solari l’equivalente di 22mila campi di calcio. Ma attenzione: il nucleare è solo un pezzo della strategia complessiva».
…A cui comunque non possiamo rinunciare. «A cui non abbiamo mai rinunciato, visto che continuiamo a importare energia nucleare dalla Francia».
Con la stessa logica qualcuno, anche qui in Puglia, vorrebbe andare a fare le centrali in Albania. Pragmatismo? «Ipocrisia. Non c’è abbastanza capacità di collegamento sul cavo Italia-Grecia, e l’Albania non avrebbe le competenze tecniche per sorvegliare il sistema».
(di Massimilano Scagliarini)