Il taglio degli incentivi al fotovoltaico confermato recentemente dal governo inglese è stato accolto con disappunto da buona parte degli operatori di settore e ha rinfocolato il dibatto nazionale sul ruolo del solare nel mix energetico dei prossimi anni. “Come documentato da Rinnovabili.it”:https://www.rinnovabili.it/uk-confermati-i-tagli-al-fotovoltaico-su-larga-scala404368, il Ministero per l’Energia e i Cambiamenti Climatici ha infatti ribadito due settimane fa la riduzione dal 40 al 70 per cento della _Feed-in Tariff_ (FiT) per gli impianti con capacità superiore ai 50 kW a partire dal prossimo agosto, un provvedimento che il Parlamento è tenuto a ratificare prima della pausa estiva. L’industria del fotovoltaico aveva confidato fino all’ultimo in un ridimensionamento dei tagli annunciati che non mettesse a rischio i piani d’investimento per la realizzazione di sistemi di medie dimensioni sui tetti di scuole, ospedali, imprese ed altri enti pubblici e privati. Dopo aver passato al vaglio gli oltre trecento tra commenti e proposte pervenuti durante il periodo di consultazione pubblica, il dicastero dell’energia ha ritenuto di non introdurre alcuna modifica al nuovo piano tariffario proposto e ha confermato di voler privilegiare i sistemi di piccolo taglio ad uso domestico, nel rispetto dei limiti di budget imposti dal Tesoro. Ad oggi la diatriba appare lungi dall’essersi sopita. La _Solar Trade Association,_ gruppo che aggrega gli operatori del settore, sta portando avanti un’intensa campagna di pressione e in meno di un mese ha già reso pubblici due report specialistici per promuovere la propria causa. Prima di entrare nel merito del dibattito, è utile ripercorrere i passaggi che hanno condotto a questo punto.
La _Feed-in Tariff_ è entrata in vigore nell’aprile del 2010 e, stando alle stime ufficiali, ha provveduto in un anno alla realizzazione di oltre ventottomila impianti, in maggioranza di micro-generazione, triplicando il potenziale nazionale di energia fotovoltaica da 28MW a 77,8 MW. Si tratta di cifre marginali se messe in relazione alla capacità generativa di paesi quali la Germania e l’Italia (18GW e 6,7GW rispettivamente), ma che ben attestano della popolarità di un meccanismo di incentivazione che ha garantito fino ad oggi un ritorno tra l’otto e il dieci per cento sull’investimento iniziale, ben al di sopra delle previsioni degli uffici ministeriali che avevano basato i propri calcoli su un ritorno non superiore al sette per cento. La _Spending Review_ voluta dal governo a pochi mesi dal proprio insediamento aveva già provveduto lo scorso autunno ad una riduzione della FiT, ponendo di fatto *un tetto di 860 milioni di sterline da qui al 2015*. Il Ministero si è trovato ad operare con un budget limitato, in linea con il clima di _austerity_ che non ha risparmiato alcun capitolo del bilancio nazionale. Nonostante le rassicurazioni in senso contrario, lo scorso febbraio il ministro Chris Huhne ha annunciato senza preventiva consultazione con gli operatori di comparto la riduzione dei contributi per gli impianti tra i 50kW e i 5 MW , misura poi confermata in maniera definitiva due settimane fa (nel dettaglio, il nuovo pacchetto prevede: 19 pence per i sistemi tra 50kW e 150kW; 15 pence tra 150kW e 250kW; e 8,5 pence tra 250kW e 5MW e gli impianti montati su suolo). Nel timore che una porzione eccessiva della torta finanziaria venisse assorbita da parchi solari di grosse dimensioni montati su suolo e promossi per fini prevalentemente di natura speculativa, il governo ha ritenuto opportuno anticipare a quest’anno il taglio dei sussidi per gli impianti maggiori, senza attendere la revisione complessiva delle tariffe programmata per aprile 2012. A supporto della decisione, gli uffici ministeriali hanno calcolato, per esempio, come un parco solare della potenza di 5MW assorbirebbe 1,3 milioni di sterline l’anno. Venti installazione di tali fatta riceverebbero un sussidio equivalente a quello di venticinquemila abitazioni.
Buona parte dell’industria del fotovoltaico ha criticato l’azione del governo tanto nel merito quanto nel metodo. Pur avendo condiviso la necessità di ridimensionare il regime rispetto ad una domanda ritenuta eccessiva, la soglia di 50 kW di potenza è stata giudicata del tutto arbitraria (per rendere l’idea sulle dimensioni, gli uffici ministeriali affermano che 50 kW di pannelli solari coprono circa due campi da tennis). A rischio di cancellazione sono oggi una vasta serie di progetti promossi da comunità locali, scuole, ospedali, ed imprese, insomma da tutti quei soggetti che, insieme alle abitazioni domestiche, dovrebbero costituire i destinatari primari della tariffa incentivante. Secondo gli scenari disegnati da alcuni promotori, con il nuovo pacchetto di sussidi nessun progetto sarebbe in grado di garantire un ritorno minimo del cinque per cento, limite al di sotto del quale investire diventa poco attraente se non proibitivo (basti pensare alla necessita’ di dover ripagare il prestito ottenuto). “Un’indagine commissionata dalla Solar Trade Association”:https://www.rinnovabili.it/ey-il-fotovoltaico-dimezzera-i-suoi-prezzi-entro-il-2013404430 all’agenzia di consulenza Ernst&Young ha confermato tali timori, evidenziando come un taglio leggermente meno drastico della FiT potrebbe assicurare il fatidico ritorno del cinque per cento, senza tra l’altro eccedere i limiti imposti nel bilancio statale. L’indagine ha anche portato in evidenza la possibilità di raggiungere grid parity senza sussidi già dal 2020 per le installazioni non domestiche, in anticipo rispetto a quanto precedentemente prospettato.
Da parte sua il mondo industriale teme che il nuovo regime tariffario possa soffocare sul nascere gli investimenti in un settore, quello dell’energia solare, che necessita ancora di supporto esterno, con seri rischi per la competitività del sistema paese, costretto a dover importare tecnologie e know-how dai rivali stranieri. A riprova della vivacità del dibattito nazionale, è indicativo il fatto che la _Committee on Climate Change_ (CCC) abbia invece recentemente auspicato proprio tale eventualità. Applicando il modello costi-benefici allo sviluppo del fotovoltaico, la Commette ritiene che l’energia solare non sia destinata a coprire un ruolo primario nel mix energetico nazionale di breve periodo e sarebbe per questo più conveniente acquistare dall’estero con costi in declino. Colorando il dibattito di tinte politico-sociali, l’economista ambientalista George Monbiot si era a sua volta già pronunciato negativamente sul regime di Feed-in Tariff cosi concepito, definendolo un sistema regressivo di tassazione in cui i fondi raccolti sull’intera popolazione tramite bolletta vengono ridistribuiti a favore delle classi con redditi maggiori, le sole ad essere nelle condizioni di poter investire in pannelli solari. Di diverso avviso la Solar Trade Association che non ha mancato di lodare *la natura “democratizzante” dell’energia fotovoltaica* (democratising technology) «la quale potrebbe fornire il potere di generare elettricità direttamente nelle mani di milioni di persone invece che ad un gruppo ristretto di compagnie energetiche» .
Al di la’ degli elementi più coloriti della polemica domestica, il sottosegretario all’energia Greg Barker ha ammesso che «il fotovoltaico ha oggi più potenziale di quanto si pensasse». Sono necessarie nuove vie di collaborazione con l’industria di comparto, il che, ha aggiunto «implicherebbe una revisione del modo in cui il settore viene percepito in seno al ministero». Cosa questo voglia dire in concreto lo si vedrà nei prossimi mesi. Sull’esito della vicenda pende inoltre un ricorso contro il governo per non aver rispettato i criteri posti in essere per l’attivazione della modifica degli incentivi. E’ improbabile che ciò possa rimetterne in discussione i termini, ma si tratta comunque di un elemento che ancora impedisce di scrivere la parola fine all’intera faccenda. Su una cosa comunque l’azione del governo sembra avere già inciso, anche se potrebbe trattarsi di un effetto puramente temporaneo. Nel “sondaggio periodico sulla fiducia della comunità imprenditoriale”:https://www.guardian.co.uk/environment/2011/jun/01/clean-technology-crisis-confidence condotto sempre dall’agenzia Ernst&Young, solo il 14% degli intervistati prevede crescita degli investimenti nel comparto ambientale ed aumento di posti di lavoro nei prossimi mesi (era al 65% il novembre scorso). Tra i maggiori colpevoli si cita proprio la revisione anticipata della Feed-in Tariff.