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Superfici fredde contro il calore urbano

Tra le strategie alternative all’uso della vegetazione per la mitigazione del clima urbano, le così dette “superfici fredde”, ovvero superfici in grado di assorbire minor energia termica solare, possono essere sfruttate nel campo delle costruzioni al fine migliorare il microclima urbano e ridurre i fabbisogni energetici legati alla climatizzazione estiva. Esse infatti assumono temperature superficiali inferiori ai consueti materiali da costruzione, anche di 20 – 30 ºC, contribuendo così alla riduzione della temperatura dell’aria dell’ambiente urbano, l’escursione termica con le zone rurali circostanti, la formazione di smog fotochimica, migliorando così le condizioni di benessere psicofisico di chi vive lo spazio cittadino.
Queste superfici sono caratterizzate da un alto valore di albedo ed un’alta emissività. Un albedo alto comporta una maggiore capacità della superficie di riflettere le radiazioni solare ad onda corta, ovvero quella che incorpora una maggiore quantità di energia, facendo in modo che il materiale da costruzione accumuli minor energia possibile. Un’alta emissività (proprietà che indica l’”attitudine” di un corpo che si trova a temperature maggiori dello zero Kelvin ad emettere più o meno energia) rappresenta la maggior capacità da parte della superficie di emettere istantaneamente tutta l’energia incorporata mantenendo così bassa la propria temperatura.
Detto ciò e consapevoli del fatto che il colore di una superficie è una delle caratteristiche che regolano l’assorbimento di radiazione solare nel campo del visibile (nel quale è presente circa il cinquanta percento dell’energia solare incidente), si evidenzia come la gradazione cromatica gioca un ruolo fondamentale nella caratterizzazione di una superficie fredda. Ecco perché, tali superfici sono spesso caratterizzate da tonalità chiare, principalmente il bianco, al quale è associato un alto valore di albedo.
In edilizia l’impiego di questi materiali avviene soprattutto in copertura come manto discontinuo o come manto impermeabilizzante; la chiusura così realizzata assume il nome di “cool roofs”. Esistono però problematiche e considerazioni che devono essere affrontate in fase di progetto nell’utilizzo dei cool roofs. Tra questi aspetti un ruolo fondamentale lo gioca l’invecchiamento. Una copertura di colore chiaro, in seguito ad una continua esposizione solare e agli agenti atmosferici, per effetto dell’invecchiamento, tende a diminuire il suo albedo iniziale; per assurdo una copertura nera, per lo stesso motivo, tende ad aumentarlo.
Studi in materia hanno dimostrato che una copertura chiara non manutenuta può, anche nel giro di pochi anni, subire una riduzione del 20% del valore di albedo iniziale. Questo problema può essere risolto prevedendo un programma di manutenzione e di lavaggio; questo ultimo è però criticabile in quanto, oltre a comportare un costo aggiuntivo, può portare ad un inquinamento delle falde acquifere. La soluzione più efficiente e conveniente potrebbe essere quella di utilizzare materiali caratterizzati da un valore di albedo medio che risentono nel tempo in maniera meno drastica del decadimento prestazionale rispetto a materiali con alti valori iniziali. L’ASHRAE, ad esempio, ha deciso di occuparsi del problema attraverso il documento “ASHRAE Standard 90.1” incentivando l’utilizzo dei cool roofs con una albedo iniziale molto alto in modo che, in seguito a fenomeni di invecchiamento del materiale nonché del deposito di polveri e particolato, si ottenga nel tempo un valore di albedo residuo soddisfacente.
I rivestimenti che più vengono utilizzati sono di colore bianco, generalmente vernici acriliche o membrane impermeabili di tipo polimerico applicate essenzialmente a coperture piane. Le prestazioni possono essere ulteriormente migliorate introducendo in fase di produzione degli impasti o dei materiali dei pigmenti in grado di riflettere determinate lunghezze d’onda dello spettro di radiazione solare aumentando cosi le proprietà riflettenti anche di materiali che per le proprie caratteristiche intrinseche assorbono una grande quantità di energia solare. L’uso di pigmenti permette di utilizzare materiali come piastrelle, tegole in argilla o in calcestruzzo come elementi in grado di aumentare il proprio albedo mantenendo l’aspetto del materiale originario e tradizionale. Lo stesso tipo d’intervento è applicato anche su coperture metalliche con lo scopo di aumentare ancora di più la loro riflettanza in quanto caratterizzate da bassi valori di emissività.
Lo sfruttamento dell’effetto di determinati pigmenti consente di poter intervenire sul raffrescamento superficiale anche delle coperture inclinate, ovviando al problema di eventuali fenomeni di abbagliamento e di possibili impatti estetici negativi che una copertura bianca può portare. Inoltre intervenire su coperture inclinate riduce le problematiche legate alla pulizia e alla manutenzione della superficie dato che questa viene dilavata naturalmente dai depositi superficiali.
Si potrebbe pensare che l’adozione di “materiali freddi” applicati ad edifici climatizzati, nella stagione invernale possa portare ad un aumento dei fabbisogni energetici; studi in materia hanno però dimostrato che questo aumento è stimabile di piccola entità rispetto ai benefici ottenuti nella stagione estiva, orientando così la progettazione verso una politica di riduzione dell’effetto isola di calore .
Data l’efficacia di questa strategia si sono promossi dei codici di progettazione, di origine principalmente statunitense, al fine di favorire l’uso delle cool roofs in modo da ridurre i carichi di climatizzazione soprattutto per aree residenziali e commerciali.
_Hanno collaborato Marco Comi, Feliciano Farina_

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