Rinnovabili

Successo per Rinnovabili e Sviluppo Sostenibile nelle Alpi’

La Conferenza ‘Energie Rinnovabili e Sviluppo Sostenibile nelle Alpi’, organizzata dalla Provincia Autonoma di Trento e dall’Agenzia Provinciale per l’Ambiente, in collaborazione con il Centro Internazionale Civiltà dell’Acqua, ha approfondito il tema della gestione dell’idroelettrico affrontando una serie di questioni particolarmente sentite in tutto l’arco alpino, che rispondono a bisogni urgenti e non più procrastinabili per diversi settori (energetico, economico, ambientale).

Le Alpi, ritenute uno dei serbatoi idrici di rilevanza mondiale, nonché uniche in termini di biodiversità e tipicità paesaggistica, risultano oggi seriamente minacciate dalla realizzazione di nuove canalizzazioni e mini-centraline per la produzione di energia idroelettrica “pulita”.
Le domande per realizzare tali impianti sono letteralmente esplose, di recente, grazie agli incentivi economici volti a spronare le cosiddette “energie rinnovabili”. Di fatto quest’ondata di richieste nel settore del mini-idroelettrico (micro-impianti realizzati con tecnologie meno invasive rispetto al passato) – pur nella buona volontà di tanti imprenditori impegnati a produrre energia “verde” – sta mettendo in pericolo gli ultimi corsi d’acqua incontaminati dell’arco alpino, in quanto il loro impatto cumulativo sull’ambiente non risulta affatto trascurabile.

Il nostro Paese, nel giugno 2010, ha presentato il Piano d’azione nazionale sulle energie rinnovabili, in cui è previsto nei prossimi anni che la produzione del “mini” idroelettrico segnerà un netto aumento. Al contrario il “grande” idroelettrico avrà la tendenza a diminuire, in modo da mantenere sostanzialmente inalterata, rispetto ai valori odierni, la produzione idroelettrica complessiva. Queste previste variazioni non possono ignorare, tuttavia, una politica delle acque più complessiva, così come definita nei Piani di gestione dei distretti idrografici (redatti sempre nel 2010). Tali Piani si occupano di tutela quali-quantitativa del bene acqua sia per il raggiungimento del “bilancio idrico”, sia per i rilasci del “deflusso minimo vitale” in ogni bacino idrografico.

Durante il Convegno, i temi della tutela e del buon governo delle acque, che costituiscono il telaio fondamentale della Direttiva Acque 2000/60, sono stati dunque messi a confronto con quelli della Direttiva 2009/28 sulle energie rinnovabili, per delineare le future sfide di uno sviluppo sostenibile nelle Alpi: una sostenibilità necessariamente “integrata”, che consideri cioè aspetti economici ma anche sociali, ambientali ed etici.
Molti relatori hanno evidenziato i notevoli sforzi che si stanno compiendo, a livello istituzionale, scientifico e imprenditoriale, per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di pervenire entro il 2015, come vuole la Direttiva Acque, a un “buono stato ecologico” dei corpi idrici. Tali obiettivi, al contempo, dovranno essere commisurati all’altro importante traguardo, quello sancito dalla Direttiva 2009/28, per cui l’energia prodotta nel nostro Paese dovrà derivare sempre più da fonti rinnovabili (almeno il 17% entro il 2020).

L’energia idroelettrica rappresenta senza dubbio il “denominatore comune” di queste due direttive, costituendo a tutt’oggi la principale fonte energetica “rinnovabile” nel nostro paese. Tale fonte tuttavia utilizza, va ricordato, rilevanti quantità di risorse idriche, modificando i corsi alpini in modo spesso assai rilevante e compromettendone i delicati equilibri, soprattutto oggi che gli spettri del cambiamento climatico e della scarsità d’acqua sono alle porte del versante sud alpino.

Il convegno ha permesso dunque di constatare come la questione del cosiddetto mini-idroelettrico sia allo stato attuale fonte di potenziali e irrisolti conflitti fra i diversi utilizzatori della risorsa acqua in tutto l’arco alpino (usi industriali, turistici, ambientali, etc).
Le ragioni che stanno alla base della vera e propria esplosione di richieste di concessioni per il mini-idroelettrico sono legate, di fatto, alla spasmodica ricerca di finanziamenti da parte di molti comuni montani, ormai sempre più in crisi per le esigue risorse economiche a disposizione.
Proprio per questo motivo, gli incentivi economici odierni stimolano la costruzione di mini-centraline in luoghi dove in passato non si sarebbe mai considerato di costruirne.
Bisogna poi considerare come, in termini percentuali, il contributo ulteriore che può ancora portare il mini-idroelettrico per raggiungere l’obiettivo del 17% entro il 2010, non è particolarmente significativo. Basti pensare che oggi il 90% degli impianti di produzione idroelettrica (per lo più piccoli impianti) produce solo il 10% delle energie rinnovabili. Un consistente aumento numerico di nuove mini-centraline, in questo contesto, non andrebbe a incidere sensibilmente sulla percentuale di produzione di energia “rinnovabile” – quanto piuttosto per il suo impatto cumulativo su ambienti acquatici già precari e sotto stress.

L’arco alpino è già fortemente interessato da grandi centrali idroelettriche e i tratti fluviali con una buona/elevata naturalità sono ormai sempre più rari: la maggior parte delle nuove richieste di concessione interessa proprio queste zone sensibili.
Il convegno ha permesso di indicare le modalità con cui le diverse regioni alpine trattano questi argomenti mettendo in luce conflitti d’uso e difficoltà oggettive, a tutti i livelli, per la ricerca di soluzioni concrete.
La necessità di una maggiore coerenza tra i vari livelli di pianificazione, la definizione di bilanci energetici e idrici a livello di bacino (o sub bacino), l’avvio di nuovi processi di certificazione di energie sostenibili che valorizzano il ruolo del consumatore, l’obbligo di una maggiore tutela del paesaggio e delle aree fluviali integre (anche grazie alle compensazioni ambientali derivanti dalle grandi produzioni), rappresentano le sfide su cui orientare gli sforzi per garantire una produzione idroelettrica sostenibile anche dal punto di vista ambientale e naturalistico.

L’evento ha costituito insomma una preziosa occasione di confronto e di scambio tra esperti di regioni e nazionalità diverse, per i quali ha rappresentato un importante momento di coordinamento culturale e scientifico – prima ancora che politico e amministrativo.
Alla luce delle diverse problematiche emerse e soprattutto in relazione al tema del rilascio di nuove concessioni per il mini-idroelettrico, si è convenuto sulla necessità di promuovere in ogni Regione e Provincia la discussione in merito alla necessità di nuove centraline accompagnando la valutazione delle opportunità di sviluppo del settore idroelettrico con una più attenta riflessione sugli impatti a livello locale e territoriale.
Ciò, per evitare di lasciare in balia alle dinamiche di mercato decisioni di grande ricaduta riguardanti intere comunità, arginando così l’odierno fenomeno di ‘corsa all’ultimo Kilowatt’ che, con rare eccezioni, si sta affermando in tutte le vallate alpine.
Promuovere un ragionamento ponderato in cui possano sedere a uno stesso tavolo consumatori, produttori, comunità ed enti locali, volto al perseguimento del bene pubblico e dell’utilizzo di nuovi criteri di sostenibilità, è la soluzione più ragionevole e sostenibile nel medio-lungo periodo.

Significativo, a proposito, è stato pure il conferimento, al termine del convegno, del IV Premio Internazionale Civiltà dell’Acqua, assegnato quest’anno a due Comuni, quello di Craveggia (Verbania) e di Onsernone (Ticino, Svizzera), per essersi distinti nella valorizzazione del proprio fiume, l’Isorno, a fronte della minaccia di costruzione di una nuova centralina. Le comunità di Craveggia e Onsernone, pur a fronte di un lauto compenso economico di decine di migliaia di €/anno, quale “compensazione” per l’inevitabile impatto arrecato al fiume, si sono schierate a difesa del proprio corso d’acqua, del suo stato ecologico e della sua fruizione sociale, rifiutando categoricamente la costruzione della centralina.
I comuni in questione hanno così inteso ribadire come l’abuso perpetrato in passato (e ancor oggi in atto) da parte dello sviluppo industriale nei confronti dell’acqua abbia considerato in modo sin troppo riduttivo questo elemento come mera risorsa da sfruttare, cancellandone ogni dimensione legata a valori non economici, ovvero la sua valenza propria di “bene comunitario”.

Nel suo complesso, l’evento organizzato a Trento ha dunque evidenziato come in una società sempre più globale e globalizzante la sfida futura è quella di coniugare la gestione delle qualità e quantità delle acque con i principi della sostenibilità integrata, considerando cioè aspetti non solo economici ma anche ambientali, sociali ed etici. Tale approccio non va confuso con l’emergente Green Economy, che in molti casi non è altro che un Green Washing di facciata: una tendenza importante ma che non risulta né significativa né strategica per innovare radicalmente, in senso ecosostenibile, l’attuale modello di crescita economica.
Il convegno di Trento ha piuttosto ribadito come oggi sia necessario – forse più che mai – un vero e proprio cambiamento di paradigma. Come ha sottolineato Albert Einstein: “Non si può risolvere un problema utilizzando lo stesso modo di pensare di chi lo ha generato”. Per favorire questo cambiamento, il mercato in sé non può dunque essere eletto a “regolatore” di un reale sviluppo sostenibile, ma va inteso come parte di dinamiche più ampie e complesse.
Questo convegno ha posto ancora una volta la Provincia Autonoma di Trento come capofila di un processo culturale di rinnovamento che rappresenta una condizione necessaria affinché le Regioni trovino nuove forme di coordinamento e di decisione, stante l’attuale situazione di stallo legislativo che caratterizza l’arco alpino sul tema sempre più “bollente” del rinnovo delle concessioni per l’idroelettrico e della produzione energetica “sostenibile”.

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