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Sottoscritto il primo documento in Piemonte per l’eolico

A sottoscrivere il primo documento di istruzioni per l’uso sull’eolico in Piemonte, tra i primi in Italia, è una cordata ‘verde’ che raggruppa cinque associazioni ambientaliste piemontesi: Cuneobirding, WWF Piemonte, Pro Natura, Legambiente e Lipu, EBN Italia, Gruppo piemontese Studi ornitologici, Associazione mediterranea per la Natura. In pratica 30 pagine a cui gli ambientalisti hanno lavorato per circa 6 mesi: è quello che viene fuori da ‘Criteri per la localizzazione degli impianti eolici e protocolli di monitoraggio della fauna in Piemonte’, un abbecedario per capire dove e come posizionare le gigantesche girandole del vento senza correre il rischio di decimare frotte di uccelli migratori o portare all’estinzione di specie stanziali come il biancone, il falco di palude o le aquile reali. Perché l’energia del vento richiama sempre più l’onda lunga del mercato sui nostri crinali alpini: non solo Garessio, che ha fatto scuola in Piemonte con il primo parco già attivo, il San Bernardino, ma ora anche Ormea, le colline delle Langhe, la valle Stura, dove sono in corso sondaggi anemometrici per verificare la forza e la costanza del vento.
“Ma non ovunque possono essere costruiti impianti” commenta Luca Giraudo della ‘Cuneo Birding’, tra i promotori dell’iniziativa. Due i punti fermi del documento ambientalista: il primo è il protocollo di monitoraggio, che regolamenta la durata di osservazione dell’avifauna e dei chirotteri prima della realizzazione dell’impianto (per un anno) e dopo la sua installazione (per 36 mesi) al fine di verificarne il reale impatto sulla fauna. Le regole per realizzare gallerie del vento a misura di fauna? Rispettare una distanza minima di 10 km tra un impianto e l’altro per un massimo di 15 aerogeneratori da 1,5 MW per parco. Prescrizioni anche per la viabilità: no a nuove strade, quelle esistenti non devono subire una radicale riorganizzazione mentre l’incidenza delle opere di viabilità non deve superare il 5% del costo del progetto. Al capitolo rilevamenti vengono illustrate le tecniche di raccolta dati per il monitoraggio: da terra con il ‘bat detector’, rilevatori ad ultrasuoni per i chirotteri, mentre in altitudine, attraverso un apposito pallone aerostatico collegato ad un rilevatore.
E per ridurre al minimo gli impatti ritenuti non sostenibili? Si va dalla disattivazione di una o più torri fino alla chiusura o alla rimozione dell’impianto. Assolutamente off limits, invece, misure di compensazione intese come reintroduzioni o ‘restocking’ delle specie perché in presenza dell’impianto ciò significherebbe mantenere intatte le cause di impatto. Ancora Giraudo: “Il nostro non è un no incondizionato, ma un sì con riserva. La gente deve capire che noi ambientalisti non siamo contro l’eolico, anzi. Ma contrastiamo quello industriale quando oltre che il buon senso offende anche la natura. Finora la Provincia e l’Arpa non avevano strumenti oggettivi per valutare la fattibilità dei progetti anche sotto il profilo ambientale. Da questo documento in poi sì.”
(di Chiara Viglietti)

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