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Società europee e CO2: chi dice tutta la verità?

La britannica EIO per la prima volta in Europa classificato le compagnie in base alle emissioni e ai relativi livelli di informazione e verifica: tra i primi posti le spagnole, peggiori le francesi e le svizzere

(Rinnovabili.it) – Quando si parala di dati certi e verificati sui gas serra quante compagnie possono veramente affermare di non avere scheletri nel cassetto? Secondo la _Environmental Investment Organisation_ (EIO), ente di ricerca no-profit, meno della metà delle *300 maggiori imprese*, almeno nel vecchio Continente. EIO ha per la prima volta in Europa classificato le compagnie in base alle emissioni e ai relativi livelli di informazione e verifica, compilando “l’Environmental Tracing Europe 300 Carbon Ranking”:https://www.eio.org.uk/etindex.php?page=europe_300. Al primo posto della lunga lista, la società di servizi finanziari britannica Aviva, numero uno sia per dati inerenti la propria produzione di gas serra, completi, pubblici e verificati che per il più basso valore di intensità di carbonio (0.85 ton CO2eq/ milioni di dollari di fatturato). Ad essersi guadagnata l’ultimo posto invece compagnia mineraria polacca KGHM: nessuna informazione pubblica e un’intensità di CO2 pari a 5.350,62.

“Lo scopo della classifica – ha spiegato Sam Gill, direttore operativo di EIO – è duplice: valorizzare le emissioni di carbonio e il grado di pubblicità delle più grandi aziende al mondo con l’obiettivo di promuovere una maggiore trasparenza e formare la base di una serie di indici del mercato azionario, progettato specificamente per fornire alla comunità di investitori uno strumento efficace per affrontare il cambiamento climatico”. La EIO ha rilevato che nel complesso le imprese europee hanno ancora una lunga strada da percorrere in merito alla comunicazione trasparente della propria impronta di carbonio, con il *13 per cento delle aziende* che ancora non forniscono alcuna informazione pubblica. Tra le migliori per _data reporting_, le aziende spagnole, con il 92 per cento in grado di fornire informazioni complete, mentre le peggiori appaiono essere le imprese francesi e svizzere.