Rinnovabili

Sistemi fotovoltaici nei centri urbani: a che punto siamo?

Da diverso tempo, i tanti operatori che si occupano di fonti rinnovabili, e in particolar modo di fotovoltaico (aziende, professionisti, università, enti di ricerca, associazioni) hanno sentito l’esigenza di creare nuove sinergie, per mettere a punto sistemi capaci di integrarsi con il contesto urbano delle grandi città, senza stravolgere il tessuto edilizio, coniando nuovi linguaggi che proponessero il requisito della “accettabilità” nel contesto di inserimento.
Sicuramente ad oggi, tutti gli sforzi intrapresi in tal senso, hanno portato al raggiungimento di buoni risultati, se si considera che il nostro paese, rispetto a Germania, Spagna e altri paesi dell’Unione Europea, è partito con forte ritardo e in una situazione svantaggiata. Un po’ dovunque l’integrazione architettonica del fotovoltaico sta avendo, un elevato sviluppo negli ultimi anni e per motivi diversi. Primi tra tutti, il perfezionamento di metodologie e di meccanismi che lo rendono maggiormente versatile. Assistiamo, soprattutto in paesi del Nord Europa, alla costruzione di edifici che dispongono di impianti perfettamente inseriti a livello architettonico, sia nelle ipotesi retrofit sia nella costruzione di nuovi edifici.
In Italia, il problema si pone, non tanto per gli interventi in zone di nuova espansione edilizia, per le quali piani regolatori e regolamenti edilizi stanno indicando le prescrizioni da seguire, ma piuttosto nel tessuto urbano consolidato, che per la sua eterogeneità presenta delle caratteristiche diverse. La presenza nei centri storici italiani, di tessuti edilizi di pregio storico-artistico, tessuti edilizi che costituiscono un continuum architettonico-paesaggistico, edifici isolati, monumenti, o semplicemente tessuti edilizi che rappresentano per le loro caratteristiche intrinseche un memoria storica, creano delle barriere alla diffusione del fotovoltaico, e le motivazioni vanno ricercate in più direzioni.

*Il dialogo interdisciplinare*, latita. Le Soprintendenze ai beni architettonici, demandate alla funzione di controllo e alla tutela del patrimonio storico, negano i nulla osta nel rispetto dei vincoli esistenti, in virtù di criteri come la: “reversibilità”, la “non visibilità dall’esterno” e la “temporaneità” che gli eventuali impianti a pannelli fotovoltaici standard dovrebbero possedere. In secondo luogo, esiste da parte delle Amministrazioni Locali una difficoltà di dialogo ai diversi livelli con le Soprintendenze, gli operatori del settore, l’Università, le aziende e gli istituti di ricerca, che blocca la possibilità di intraprendere un progetto capace di dettare delle linee di sviluppo futuro: dallo snellimento delle procedure burocratiche, alla istituzione di concorsi volti alla sperimentazione di sistemi fotovoltaici d’avanguardia che mirano ad una perfetta integrazione. Le esigenze della conservazione sono preordinate a quelle della prestazione tecnologica, è quindi necessario un dialogo interdisciplinare che scaturisca nella definizione di adeguati parametri di valutazione.

*La standardizzazione* ancor poco applicata delle nuove tecnologie fotovoltaiche da inserire negli involucri edilizi eil terzo punto. Nella situazione attuale, abbiamo due risorse estremamente importanti: da una parte la risorsa solare, dall’altra il patrimonio architettonico, che sembrano completamente agli antipodi, ma che sono accomunate da politiche che si dirigono verso lo stesso obiettivo: conservare e rendere disponibili le risorse energetiche da una parte, conservazione del patrimonio architettonico storico- artistico dall’altra. Se è pur vero, che sperimentazioni sono state avviate negli ultimi tempi, ottenendo buoni risultati con prototipi che tendono alla mimetizzazione del fotovoltaico (film sottile, celle fotovoltaiche colorate, tegole fotovoltaiche etc..) rendendolo meno invasivo del classico pannello, molto si può ancora fare. È auspicabile trovare esempi di applicazioni concrete, che possano conciliare temi così attuali e importanti. Appare necessario guardare con maggior fiducia alle fonti alternative e alla progettazione in questo campo, perché ormai la tecnologia è giunta a livelli elevati, non solo di prestazioni tecniche, ma anche di qualità estetiche e formali. La soluzione che andrebbe adottata, dovrebbe mirare a:

– valutare la possibilità di conciliare la conservazione del patrimonio con quella delle risorse energetiche

– prevenire eventuali danni o disarmonie causati da un uso non appropriato

– informare e dialogare mettendo in contatto i due mondi (tecnologia e restauro), troppo spesso separati

-fornire strumenti adeguati alle amministrazioni

*Modelli di intervento* adeguati ai nostri centri storici, potrebbero essere proposti per specifiche tipologie di edilizia esistente (scuole, ospedali, caserme, uffici, complessi artigianali e industriali) dove ritmi-orari di utenza o specifiche caratteristiche del modello di domanda energetica possono semplificare o ridurre i termini della complessità. Anche i processi industriali, e i relativi contenitori edilizi, hanno elevata potenzialità per l’applicazione di tecnologie di conservazione energetica o per lo sfruttamento dell’energia solare. Tali processi (di trasformazione manifatturiera) offrono il vantaggio di una continuità annuale della domanda termica, riducendo quindi in modo cospicuo i tempi di ritorno economico ed energetico del capitale investito. Il campo più difficile, data la persistenza di modelli profondamente radicati, è il “territorio del progetto”, ma è in esso che si trovano alcuni nodi fondamentali da risolvere per una efficace penetrazione dei criteri energetici. L’obiettivo dei progettisti deve essere quello di coniugare le esigenze di carattere estetico, funzionale e culturale, correttamente interfacciate con l’ambiente, scegliendo prodotti che possano ben relazionarsi con gli altri materiali scelti per la realizzazione architettonica o già presenti nel manufatto su cui si interviene.

*Le azioni di recupero* del patrimonio costruito, come già detto, devono consistere in trasformazioni compatibili con i valori paesaggistici, ambientali, culturali, economici e sociali. Perciò è urgente ed estremamente necessario un dialogo più approfondito tra le diverse discipline che operano nel settore, senza pregiudizi né rifiuti categorici a priori. Le amministrazioni e i tecnici non possono rischiare di trovarsi impreparati di fronte alle domande d’impiego di nuove tecnologie e dei nuovi materiali; la formazione di nuove figure professionali, in grado di valutare gli interventi di questo tipo, è urgente, e deve interfacciarsi con un quadro normativo non ancora del tutto all’altezza della questione.

h4. Alcuni esempi

_Centro Solare Wietow Mecklemburg Pomeranien – Arch. Astrid Scnehide_

L’impossibilità di integrazione di moduli FV in edifici storici vincolati sembra oggi impossibile, ma all’estero è stata illustrata una semplice applicazione che potrebbe risolvere, almeno in parte, il problema: gli “scuri fotovoltaici”. Realizzata in un edificio nel nord est della Germania, consiste nell’impiego di una cornice di legno con una opportuna scelta del colore delle celle in modo da garantire il rispetto del carattere storico dell’edificio. L’aspetto tecnologico fondamentale si basa su un sistema di movimento intelligente che assicura l’esposizione dei moduli alla radiazione solare con gli scuri indifferentemente aperti o chiusi. Nove “finestre FV” forniscono così una potenza complessiva di 1,4 kWp (160 Wp per ognuna delle 9 coppie di scuri).

_Ufficio del turismo Alés Yves Jautard (Lione)_

L’edificio di stile medievale, con prospetti in pietra a faccia vista, incorpora all’interno di profonde arcate, dei volumi semitrasparenti interamente rivestiti di pannellature fotovoltaiche. L’esperimento ha avuto un buon risultato d’insieme, grazie a una scelta cromatica adeguata.

_Progetto Europeo “PVACCEPT”, tra Italia e Germania_

I due paesi, partner del progetto europeo, hanno sperimentato risultati innovativi con nuove forme e colori per moduli FV, in grado di inserirsi armonicamente nel paesaggio naturale e costruito. Nella cornice del Castello di San Giorgio a La Spezia si è svolto nel giugno 2004 un convegno per presentare i risultati della ricerca italo-tedesco, sostenuta dalla Commissione Europea, che ha coinvolto i tre Comuni di La Spezia, Porto Venere (SP) e Bocca di Magra (SP). L’obiettivo del progetto UE, consiste nella progettazione e nello sviluppo di moduli fotovoltaici concepiti per essere inseriti “armonicamente” in edifici d’epoca, centri storici e paesaggi protetti. Per la sperimentazione sono state scelte due aree costiere, in Italia e in Germania, molto caratterizzate dal punto di vista del pregio architettonico e paesaggistico, e quindi interessate da un forte afflusso turistico.Sfruttando le aperture esistenti, all’interno di arcate della muraglia storica del castello, sono state inserite delle “solar flags” auto illuminanti, composte da lamine acriliche leggermente curve su cui sono stati montati 15 elementi fotovoltaici cristallini trasparenti, combinati con illuminazione a led integrata (cellule solari grigie). I moduli sono fissati su due cavi orizzontali ancorati al segmento superiore dell’arco. L’impianto ha una potenza di 225 Wp e l’elettricità prodotta e accumulata da una batteria viene impiegata per l’auto illuminazione notturna delle 18 bandiere solari. L’ancoraggio è stato rispettoso dell’edifico sfruttando delle fessure preesistenti. Le possibilità di impiego dei “solar flags”, che possono avere anche svariati colori, sono molteplici. Sono stati sviluppati anche diversi progetti per “alberi solari”, sistemazione di piazze e arredo urbano, nei diversi comuni coinvolti nel progetto.

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