«Gli oli vegetali transesterificati opportunamente miscelati con gasolio tradizionale possono essere impiegati in tutti i motori diesel presenti oggi sul mercato senza comprometterne le caratteristiche principali di performance e di durata»
Il progetto Icaro (Innovation Car Opportunità) nasce con l’obiettivo ambizioso di sviluppare strategie nel medio-lungo periodo in grado di anticipare i cambiamenti economici/gestionali nel settore automotive. Finanziato dal Fondo sociale europeo (Fse), coinvolge tre regioni europee: Navarra (Spagna), Basilicata (Italia) e Setubal (Portogallo) ed ha come partner italiani la Confindustria Basilicata e Sviluppo Italia Basilicata.
Nell’ambito del progetto è stato istituito un premio per i progetti di ricerca e studi considerati innovativi per il settore.
Il primo premio, nella categoria «Progetti di ricerca e innovazione», è stato assegnato al lavoro «Qualità ambientale e risparmio energetico: il cammino del settore automobilistico verso la competitività e l’eccellenza attraverso lo sviluppo di motori a combustione interna alimentati a biodiesel» dell’ing. Maria Teresa Petrone, attualmente titolare di un assegno presso il C. R. Enea di Trisaia.
Lo studio dell’ing. Petrone punta a scavalcare le «resistenze» tecnologiche all’uso su larga scala di biocarburanti, lavorando sia sull’adattamento dei motori tradizionali sia sulle caratteristiche del combustibile alternativo, nel caso specifico il biodiesel prodotto da oli di origine vegetale.
Ing. Petrone, qual è l’aspetto realmente innovativo del suo progetto di ricerca?
«L’impiego di biodiesel quale combustibile alternativo per l’alimentazione dei tradizionali motori a combustione interna – spiega l’ing. Petrone – rappresenta il primo passo verso la realizzazione di programmi di innovazione a favore della mobilità sostenibile. Il punto di forza di tale combustibile è dato dai vantaggi energetici ed ambientali derivanti dal suo impiego su larga scala nel settore automobilistico; il limite principale al suo utilizzo risiede invece in una serie di problematiche di tipo tecnico e tecnologico connesse a tale utilizzo. L’ambizioso obiettivo di questo progetto di ricerca è quello di superare tali difficoltà e formulare strategie di intervento mirate e, soprattutto, realizzabili nel breve periodo. In particolare, l’attenzione è rivolta all’analisi delle caratteristiche chimico-fisiche ottimali del biodiesel e all’individuazione delle modifiche tecniche da apportare ai motori attraverso lo studio teorico-numerico della combustione nei diesel tradizionali».
Le difficoltà nell’uso del biodiesel come combustibile ordinario, sono dovute principalmente a problemi di ordine ingegneristico, ad esempio i motori diesel attuali, o di produzione e approvvigionamento della materia prima?
«Gli oli vegetali transesterificati opportunamente miscelati con gasolio tradizionale possono essere impiegati in tutti i motori diesel presenti oggi sul mercato senza comprometterne le caratteristiche principali di performance e di durata. Maggiori difficoltà nascono dalla possibilità di alimentare i tradizionali propulsori con biodiesel puro. Al fine di superare tali difficoltà, sono stati formulati numerosi progetti di intervento che vanno dal miglioramento delle caratteristiche chimico-fisiche del combustibile puro all’apporto di adeguate modifiche tecniche ai motori. Più difficile è la risoluzione dei problemi legati alla produzione, all’approvvigionamento e alla commercializzazione delle materie prime per la produzione di biodiesel. Su scala nazionale, la normativa che disciplina la produzione e la commercializzazione delle materie prime è ancora troppo stringente mentre il quadro normativo di riferimento internazionale per il loro approvvigionamento dai Paesi esteri favorisce ancora e purtroppo l’impiego di combustibili fossili tradizionali nel settore dei trasporti».
In Basilicata ritiene di avere a disposizione tutti gli strumenti necessari per portare avanti i suoi studi?
«Ritengo di sì, la Basilicata è una terra ricca di grandi potenzialità. Tuttavia, la ricerca scientifica e tecnologica deve avere carattere universale, non può essere limitata da confini geografici. L’innovazione si nutre di scambi, di incontri e di collaborazioni tra ricercatori di ogni parte del mondo».
L’approccio di un ricercatore non può che essere cosmopolita, ma avere un buon «campo base» da cui partire ogni volta è essenziale. Per noi è già un bel passo in avanti sapere che lei, e chi come lei, avrà la possibilità di fare ricerca in Italia. Per poi ripartire ogni volta.