(Rinnovabili.it) – “Efficienza energetica e ricerca e sviluppo su fonti complementari di energia sono i due principali strumenti a nostra disposizione per ridurre le emissioni di anidride carbonica. Sono giganti dormienti che soltanto prezzi finali stabili e relativamente alti dei combustibili fossili possono risvegliare. L’Occidente, che in passato ha letteralmente divorato energia, dovrebbe essere il primo a mettersi a dieta”. Sono parole pronunciate da Paolo Scaroni, amministratore delegato ENI da un pulpito importante come quello del Palazzo di Vetro. Il Lederaship Forum on climate change in corso a New York, ha accolto infatti anche il numero del colosso dell’energia italiana, unico ceo di una compagnia petrolifera ad intervenire davanti alla platea dell’Onu e al segretario generale Ban Ki Moon. L’intervento ha messo in luce una questione al centro degli attuali dibattiti climatici, l’introduzione di una ‘carbon tax’ come strumento rapidamente attuabile per contrastare le emissioni climalteranti. “I combustibili fossili continueranno a essere la nostra principale fonte energetica per i prossimi decenni. La sfida è quella di trovare il modo per continuare a fare uso di queste fonti riducendo le emissioni di gas serra. Una cosa è certa: un’energia a basso prezzo non ci aiuta”. Ed ecco perché utile risulterebbe per Scaroni “una piccola carbon tax” che “attribuendo un costo stabile alla CO2 influisca immediatamente sulle decisioni di investimento. Dovrebbe essere accompagnata da misure per bilanciarne l’effetto sulla distribuzione del reddito. Nel tempo, inoltre, la tassa potrebbe essere integrata con sistemi di cap-and-trade (meccanismi complicati che richiedono molti anni di prove e correzioni), con l’obiettivo di ottimizzarne l’effetto”.
E uno strumento utile sarebbe rappresentato anche da una mobile excise tax complementare sui prodotti energetici derivati da combustibili fossili e destinati al consumatore finale. Questa tassa dovrebbe essere applicata qualora i prezzi dei prodotti scendessero al di sotto del livello che incentiva gli investimenti in R&S e l’efficienza energetica”.
Una mossa che tutelerebbe le politiche ambientali dalla volatilità dei prezzi energetici e che dovrebbe essere adottata innanzitutto dai paesi industrializzati per poi passare “dopo un ragionevole periodo di moratoria” l’esperienza anche ai Paesi emergenti.