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Rinnovabili: due in uno è meglio

Dall'Australia una nuova generazione di pannelli solari, che producono simultaneamente elettricità e acqua calda, dimezzando i costi normalmente associati all'applicazione di entrambe le tecnologie

*LE TECNONEWS DELLA SETTIMANA* – “Two is meglio che one” apostrofava una famosa pubblicità di gelati, un discorso che si sta dimostrando validissimo anche per le tecnologie rinnovabili. Fondere tra loro fonti di energia alternativa differenti, infatti, può costituisce un intelligente escamotage per ridurre i costi dei dispositivi senza nulla togliere alle singole efficienze. E “Due in Uno” è il nome che è stato affibbiato al progetto sviluppato da Igor Skryabin dell’Australian National University (ANU) di Canberra. Si tratta di un pannello foto-termico, in grado pertanto di produrre contemporaneamente sia calore che elettricità, ma che rispetto alle spese associate all’installazione dei due sistemi separati taglierebbe quasi a metà i costi. I pannelli sono costituiti da lunghi e sottili canali rivestiti da specchi che hanno il compito di concentrare l’energia solare su di una striscia di sliver cells (SC) che la percorre in tutta la loro lunghezza. Le SC inventate nel 2000 dal fisico Andrew Blakers, anch’egli dell’ANU e via via perfezionate sono note per utilizzare solo un decimo del silicio che normalmente si trova nelle celle classiche. La tecnologia SC utilizza wafer di silicio monocristallino spessi 1-2 mm e sottoposti a graffiatura laser o ad attacco anisotropo, in modo da creare solchi profondi e stretti su tutta la superficie. Il risultato è una cella che presenta una serie di “scaglie” (slivers per l’appunto) spesse solo 50 μm, in grado di catturare la luce su entrambe le facce. Nell’invenzione di Skryabin ogni striscia contiene al suo interno acqua trattata che sotto il sole si riscalda. Il calore viene successivamente trasferito ad un serbatoio di accumulo, esattamente come accade nei classici sistemi solari termici. Un’installazione di media grandezza, spiega lo scienziato, potrebbe fornire acqua calda sufficiente per un’unità familiare, e se l’abitazione risponde ad alti target di efficienza energetica, sarebbe in grado di alimentarla per una proporzione che va da metà a due terzi del fabbisogno. Al progetto, tuttora in fase di sperimentazione partecipano anche l’Università di Tianjin in Cina e la compagnia della Silicon Valley Chromasum, che si occuperanno in futuro della fase di commercializzazione.

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