(Rinnovabili.it) – La crisi economica non ha risparmiato neppure il settore dei rifiuti che però si è saputo difendere bene. Questa l’introduzione necessaria alla presentazione dello studio “L’Italia del Riciclo” realizzato dal Fise Unire (Unione Nazionale Imprese Recupero) e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Rapporto che analizza soprattutto la parte economica del settore del riciclo e recupero, partendo dal 2009, si è registrato una consistente diminuzione dei materiali trattati. Una flessione del 24,7%, nel 2008 si sono riciclati 31 milioni di tonnellate: nel 2009 solo, si fa per dire, 24 milioni. Una flessione in parte fisiologica dovuta alla crisi economica che da una parte ha ridotto i prodotti fabbricati e dall’altra anche i consumi: due aspetti che hanno inciso anche sulla produzione di rifiuti. In particolare è il settore metallurgico che ha fatto registrare la diminuzione più significativa: con meno 6,7 milioni di tonnellate di materiale ferroso cioè una riduzione del 34,4 % rispetto a due anni fa; l’alluminio avviato al riciclo nel 2009 è invece calato del 27,9 %. Pur se in maniera inferiore diminuisce anche il riciclo della carta (- 10%), del legno (- 4,4%), della plastica (- 9,9%) e del vetro (- 3,2%).
Il giudizio è comunque positivo perché questi cali sono riferiti al quantitativo totale, in percentuale invece il riciclo, con la sola eccezione dell’alluminio, è in aumento. Carta e acciaio sono i prodotti più riciclati, secondo il rapporto, con punte vicino al 80%. Un successo questo dovuto alla buona strutturazione del comparto organizzato in Consorzi e altri organi di filiera, che hanno saputo attenuare gli effetti della crisi. Un’economia in crescita dunque che guarda verso l’estero, con interesse e qualche preoccupazione. Fatta eccezione per l’export della carta da macero, che rispetto al 2008 cresce del 23 %con quasi 2 milioni di tonnellate nel 2009, l’Italia ha importato 6 milioni di T di materiali da destinare al riciclo: segno di un mercato che ancora fatica a trovare una sua stabilità. Altro dato negativo è l’arretratezza nello smaltimento degli “inerti da costruzione” addirittura da farci assegnare in Europa la maglia nera. Ogni anno viene recuperato solo il 10% di questi rifiuti: che vanno dagli sfridi di materiali ceramici agli scarti della costruzione di un edificio fino a quelli della lavorazione della pietra. Una ragione per sorridere in più invece è la raccolta dei Raee, che nel 2009 è entrata finalmente a regime, anche se ancora non in maniera soddisfacente. Lo scorso anno sono stati infatti raccolti rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche per 3,21 kg/abitante.
Nel rapporto “L’Italia del Riciclo” sono stati raccolti poi 23 casi di best practices, di aziende che dal Nord al Sud, testimoniano una realtà in fermento ed economicamente in espansione. Ma diversi sono però i nodi da sciogliere. Una maggiore competitività delle imprese, garantendo una maggiore legalità dei processi di smaltimento evitando così anche il dumping ambientale che inquina la concorrenza. Una maggiore raccolta differenziata sul territorio nazionale. E’ necessaria inoltre una mappatura degli impianti di raccolta e gestione dei rifiuti per avere strutture necessarie alle reali esigenze di un territorio per evitare sovra o sotto stime. Una maggiore facilità di commercializzazione all’estero potrebbe attrarre maggiori capitali ed incentivi. Per concludere serve, cosa che apparentemente sembrerebbe la più fattibile nel breve periodo, una normativa più semplice e stabile. Un esempio su tutti è il caso dei Green Public Procurement: una buona legge che però non viene sempre applicata.