(Rinnovabili.it) – E’ ormai noto il problema dei cosiddetti “profughi climatici”:https://www.rinnovabili.it/rifugiati-climatici-i-profughi-invisibili-401055, popolazioni costrette ad allontanarsi dalle loro case e dai loro terreni perché minacciate dall’innalzamento del livello di mari e oceani, effetti secondari del cambiamento climatico.
L’emergenza è stata sottolineata da uno studio presentato oggi alla conferenza mondiale sul clima in corso a Bonn e redatto dall’Università delle Nazioni Unite in collaborazione con l’organizzazione umanitaria Care International e con l’ Università di Columbia (New York). Insieme hanno invitato a istituire fondi per le popolazioni che potrebbero essere costrette a migrare (circa 200 milioni di individui entro il 2050), anche se non è possibile datare il probabile esodo. E’ stato anche previsto che entro la fine del secolo il livello del mare si dovrebbe innalzare di circa un metro, causando non pochi problemi alle popolazioni costiere.
”La migrazione e gli spostamenti indotti da fenomeni ambientali hanno il potenziale di diventare fenomeni senza precedenti, sia in termini di estensione, sia di entità”, sottolinea lo studio, intitolato ‘In cerca di riparo: una mappa degli effetti del cambiamento climatico sulla migrazione e gli spostamenti umani’. ”Nelle prossime decadi – hanno dichiarato gli esperti -, i cambiamenti climatici indurranno o costringeranno milioni di persone a lasciare le proprie case alla ricerca di sicurezza e di una vita sostenibile”.
I Paesi più a rischio, stando a quanto riportato nel rapporto, risultano essere soprattutto isole e penisole, tra le quali le Maldive e Tuvalu, il Bangladesh, il Vietnam e l’Egitto nonchè le regioni secche come la zona sud-sahariana del Sahel e il Messico.
”Nelle aree densamente popolate dei delta del Gange, del Mekong e del Nilo, un innalzamento dei mari di un metro potrebbe interessare 23,5 milioni di persone e ridurre la superficie dei terreni oggi destinata all’agricoltura di almeno 1,5 milioni di ettari”.