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Profughi climatici, l’Africa ne detiene il primato

(Rinnovabili.it) – L’International Journal of Global Warming ha ribadito che, a causa del cambiamento climatico e del degrado ambientale la percentuale dei profughi ambientali sta aumentando a danno soprattutto delle popolazioni dell’Africa sub-sahariana, per un totale di 32 paesi interessati e più di 300mila persone già in emergenza idrica.
A tal proposito Ulrike Grote dell’Istituto per lo Sviluppo Economico e il Commercio Mondiale insieme a Koko Warner dell’United Nations University Institute of Environmental and Human Change di Bonn hanno esaminato i dati relativi ai fattori ambientali per determinare quali siano le ragioni che maggiormente influiscono sullo spostamento dei popoli, anche a seconda delle risorse dei rispettivi paesi, dalle diverse economie, dalle situazioni politiche e dalle caratteristiche del territorio.
Assodato che la maggior parte dei paesi poveri si trovi in Africa non stupisce che le popolazioni più colpite dal cambiamento climatico e dall’innalzamento della temperatura siano proprio quelle meno sviluppate: “In questo contesto, non sorprende che l’Africa conti il 12% della popolazione mondiale, ospitando circa il 28% dei rifugiati nel mondo e quasi il 50% delle persone sfollate all’interno dell’intero pianeta”, dicono i ricercatori, che hanno fatto riferimento a quattro paesi del continente in particolare: Ghana, Mozambico, Niger e Senegal.
Altri ricercatori hanno sottolineato come le popolazioni abbiano iniziato a spostarsi quando l’impoverimento dei terreni si è unito a pressioni politiche, conflitti armati, tensioni etniche, aumento della povertà e deterioramento delle infrastrutture e dei servizi, fattori socio-economici che hanno accelerato gli spostamenti causando a volte esodi di massa verso zone fertili e irrigate.
Attualmente nei paesi interessati dalla migrazione di massa per causa ambientali sono state adottate politiche volte al miglioramento delle condizioni ambientali e di vita delle popolazioni ma spesso non è possibile valutarne i progressi né lo stato reale delle cose.

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