(Rinnovabili.it) – L’ultima frontiera nella produzione di biodiesel potranno essere gli ultrasuoni. Fino ad ora la produzione di biofuel è stata piuttosto complicata e lunga, e questo ha determinato un costo finale molto elevato per i biocarburanti, scoraggiandone l’utilizzo su larga scala. Ora invece, grazie alle ricerche compiute dal dipartimento di ingegneria agricola dell’Università del Missouri, potrebbero essere proprio gli ultrasuoni, comunemente utilizzati nelle ecografie mediche, ad accelerare letteralmente la produzione di biodiesel. Attualmente, infatti, per produrre pochi millilitri di biocarburante in laboratorio occorre almeno un’ora. Il professor Bulent Koc, invece, ha messo a punto un innovativo sistema di accelerazione del processo produttivo che consente di produrre le stesse quantità ma in pochi minuti.
La notizia, riportata dal sito Discovery News, potrebbe quindi aprire nuovi scenari nella produzione su scala mondiale dei biodiesel. Il processo convenzionale prevede l’unione di oli di origine vegetale di solito uniti al metanolo. Una volta venuti in contatto, alcool e olio scatenano una reazione chimica che libera gli acidi grassi i quali, però, rendono l’olio inadatto ad essere usato, così com’è, come carburante. Il professor Koc, però, ha usato una parte di una sua ricerca già effettuata nel passato sugli ultrasuoni per applicarla prima al cibo e poi anche alla produzione di biocarburante.
In particolare ha voluto utilizzare un generatore di ultrasuoni capace di far passare le onde nella miscela di olio e metanolo. Le onde riscaldando il composto generano delle bollicine che poi scoppiano, e causano, a loro volta, un aumento della temperatura e della pressione. Tutto ciò consente di rompere i legami tra le molecole dell’alcool e dell’olio, facendo in modo che i due liquidi si miscelino più rapidamente. Una volta rotti i legami molecolari, gli acidi grassi si liberano, producendo un sottoprodotto della glicerina, mentre le molecole restanti danno origine al biodiesel.