Rinnovabili

Presentato a Fabriano il modello di filiera agroeneregetica

Potature, scarti agroindustriali, paglia, trinciato. Materiali da riconvertire in energia termica o elettrica. E’ quanto prevede il progetto europeo “Radar” per l’area pilota dell’Alta Vallesina. Promosso dalla Regione Marche – Servizio agricoltura, forestazione e pesca con il coordinamento di Svim, agenzia di sviluppo della Regione, e la qualificata partnership dell’Università Politecnica delle Marche, Radar si avvia alla fase conclusiva: quella dello studio di fattibilità per la costruzione di impianti legati alla filiera legno-energia nell’area pilota.
Il modello di filiera agroenergetica realizzabile nell’Alta Vallesina è stato presentato nella mattinata di oggi, martedì 16 dicembre, a Fabriano, nella sede della Comunità Esino Frasassi. Sono intervenuti: Cristina Martellini, dirigente del servizio Agricoltura della Regione Marche; Elena Montironi e Vanessa Conigli del team di progetto di Svim; Fabio Polonara del Dipartimento Energetica dell’Università Politecnica delle Marche, e Carla De Carolis della Facoltà di Agraria dello stesso Ateneo. Erano presenti inoltre i rappresentanti dei Comuni dell’area e di associazioni di categoria, agenzie energetiche, scuole, associazioni dei consumatori e dell’ambiente. Tutti componenti della “Rural Sec”, la comunità locale per le energie rinnovabili, costituita grazie al progetto Radar.
L’area interessata comprende i comuni di Castelplanio, Cerreto D’Esi, Cupramontana, Esanatoglia, Genga, Maiolati Spontini, Mergo, Poggio San Vicino, Poggio San Marcello, Rosora, Serra San Quirico, Apiro e Fabriano. Un’area estesa per 616 kmq con 62.819 abitanti. Il consumo energetico complessivo è di 1 milione e 88mila megawattora all’anno di elettricità e 11 milioni e 827mila metri cubi di metano. L’obiettivo che il progetto Radar si è posto è quello di aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili. In particolare l’utilizzo di biomasse legnose, come alternativa alle fonti energetiche tradizionali, produrrebbe vantaggi ambientali ma anche un notevole risparmio economico: basti pensare che per ottenere il calore prodotto da un litro di gasolio sono sufficienti 2,9 chili di scarti e sottoprodotti legnosi.
Nei comuni dell’area, allo stato attuale, esistono due impianti a biomassa che utilizzano scarti legnosi. Il primo si trova ad Apiro e riscalda il Municipio, il teatro comunale, una chiesa, la scuola media e la casa di riposo per anziani. Il secondo si trova ad Esanatoglia, dove esiste anche una centrale idroelettrica, mentre sono in fase progettuale un impianto fotovoltaico ed un impianto solare. In tutte le Marche, gli impianti a fonti rinnovabili sono complessivamente 55, di cui 47 ad energia idraulica, 6 a biogas e 2 a biomassa. In cantiere ce ne sono altri 16, di cui 6 ad energia idraulica, 6 impianti eolici, 2 a biogas e 2 a biomassa.
Grazie al progetto Radar, entro breve tempo si svilupperà uno studio di fattibilità tecnico-economica per realizzare i due impianti proposti nel modello, ciascuno da 1 a 1,5 megawatt. Il modello bipolare è stato preferito dalla comunità locale alle altre ipotesi sul tappeto: sistema centralizzato con un’unica centrale da 2 a 4 megawatt, oppure modello decentralizzato con impianti di potenza calibrati sulla disponibilità di biomassa per ciascun comune. I due impianti proposti dal modello presentato oggi potranno funzionare grazie ad una disponibilità nell’area di circa 10mila tonnellate da legno da potatura, 16mila tonnellate da culture dedicate e circa 20mila tonnellate da attività silvo-forestali.

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