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Potature urbane da sottoprodotto a rifiuto. Fiper chiede lumi al Minambiente

Da sottoprodotto gli scarti delle potature del verde urbano vengono classificate come rifiuti, divenendo non più idonee ad essere utilizzate come biomassa. Dal presidente Righini la richiesta di rivedere una norma che sta danneggiando il comparto

(Rinnovabili.it) – L’ *art.185 Testo Unico Ambientale* (D.Lgs. 152/2006) recentemente modificato descrive quali *biomasse legnose* sono ammessa all’impiego come combustibile condizionando, secondo l’opinione del presidente di Fiper Walter Righini, l’intero comparto mettendone in discussione la sicurezza e la diversificazione delle fonti e minando la sostenibilità economica e finanziaria degli stessi.
Il presidente dell’associazione che riunisce i produttori da fonte rinnovabile perplesso per le modifiche ha scritto al ministro Prestigiacomo e congiuntamente al Ministro Romano e Romani per domandare chiarimenti circa le ragioni della inaspettata modifica che cambia la classificazione della biomassa proveniente da verde pubblico e privato causando la recessione di numerosi contratti visto che il materiale di potatura e gli sfalci non rientrano più nella classificazione di *sottoprodotto* che li rendeva idonei alla combustione sotto forma di biomassa bensì sono stati ridefiniti *rifiuti* e quindi vietati come combustibile. A partire dal 19 agosto 2010, data dell’entrata in vigore della legge 13 agosto 2010, n.129 “Conversione in legge del Dl 8 luglio 2010, n. 105 recante misure urgenti in materia di energia e disposizioni per le energie rinnovabili”, la definizione di sottoprodotto (comma 2) viene ampliata a “Materiali fecali e vegetali provenienti da sfalci e potature di manutenzione del verde pubblico e privato, o da attività agricole, utilizzati nelle attività agricole anche fuori dal luogo di produzione, ovvero ceduti a terzi, o utilizzati in impianti aziendali o interaziendali” mentre a causa dell’attuale modifica il sottoprodotto su trasforma in “materie fecali, paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura nella selvicoltura o per la biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana” trasformando di conseguenza in rifiuto il materiale proveniente dalla manutenzione del verde pubblico urbano rendendolo non più adatto alla commercializzazione.

Dalle analisi effettuate si è inoltre scoperto che i materiali di scarto delle potature urbane hanno un potenziale energetico maggiore rispetto alle potature agricole. Il danno economico che ne deriva, ha specificato Righini nella missiva, ha portato oltre alla recessione di numerosi contratti all’aumento dei prezzi degli altri carburanti, di cui è aumentata la richiesta nell’arco degli ultimi 4 mesi. Si legge nella lettera “In qualità di gestori di centrali di teleriscaldamento a biomassa, impegnati dall’avvio degli impianti a garantire calore ed energia elettrica a impatto zero, non comprendiamo le motivazioni di questo cambio repentino di orientamento e di impostazione legislativa che non migliora sicuramente la qualità dell’aria e non riduce le emissioni delle polveri sottili.
L’effetto di questa misura comporta esclusivamente un ulteriore costo di smaltimento per la collettività e l’impossibilità di mettere a punto per le imprese nuove filiere virtuose di approvvigionamento di biomassa legnosa, confermando il solito negativo “sistema Italiano” di non dare alcuna certezza temporale agli operatori del settore nell’adozione delle norme appena approvate.” Alle dichiarazioni fa seguito la richiesta da parte del comparto affinché la norma venga rivista anche in luce delle affermazioni riportate nella lettera.