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Piantagioni energetiche: come valutare la biomassa SFR?

La tentazione di destinare le coltivazioni di biomasse legnose ai terreni marginali è stata sempre molto forte, soprattutto quando le SRF (Short Rotation Forestry) non erano conosciute nei nostri ambienti agricoli.
Sotto questa tentazione, mi pare si nascondano motivazioni mosse dalla diffidenza “verso il nuovo” e dalla scarsa fiducia che la coltivazione di energia, da sempre retaggio dei petrolieri e dell’industria chimica, possa partire invece dall’agricoltura.
Utilizzare, nelle normali coltivazioni, terre di confine dove diminuiscono i margini di utile ritraibile per fare innovazione, magari con l’aiuto di finanziamenti pubblici, è una scelta concretamente fattibile per un buon numero di imprenditori agricoli.
Per affrontare il problema abbiamo provveduto a monitorare due coltivazioni di biomassa realizzate in situazioni assai diverse: la prima su terreni marginali in provincia di Torino, della quale trattiamo nel presente articolo, la seconda, in terreni molto fertili, in provincia di Pavia, della quale si riferirà nel prossimo articolo. Nelle due situazioni si è provveduto ad analizzare il costo colturale complessivo per la produzione di cippato, mettendolo in relazione al ricavato ottenuto sul mercato locale.

_San Gillio_

Nella primavera del 2003, l’Azienda Agricola in osservazione, ha provveduto ad iniziare la coltivazione di biomassa realizzando un impianto di SRF su di una superficie totale di 9,24 ettari. I terreni su cui sono stati realizzati gli impianti arborei sono valutati di classe 2, 3, 4, e 5 dalla cartografia IPLA 2005, dunque con un’escursione di limitazioni da leggere a molto forti. Il pH varia da 4,5 a 6,5. L’anno di impianto della coltivazione è stato caratterizzato da particolare siccità, accompagnata da una calura assolutamente inusuale per la zona.
I lavori eseguiti per l’impianto sono stati i seguenti: dopo una ripuntatura realizzata a circa 70 cm. di profondità su tutta la superficie si è provveduto ad una normale aratura, seguita dall’affinamento del terreno. Si è poi realizzato l’impianto con una trapiantatrice che ha messo a dimora le talee della lunghezza di 21 cm. La varietà utilizzata è il clone Pegaso.
I lavori nel primo anno che si sono resi necessari per la manutenzione dell’impianto sono stati due interventi di fresatura tra le file e un intervento di sarchiatura realizzato sulla fila con una sarchiatrice regolabile per consentire il controllo delle infestanti sulla fila. Nel secondo e terzo anno si è provveduto, ad una fresatura e ad una trinciatura. Nel quarto anno e quinto anno si è provveduto alla sola trinciatura delle infestanti.
L’analisi economica della coltivazione, condotta dal dott. Luca Manero nella sua tesi del XX ciclo di dottorato di ricerca in scienze agrarie, forestali ed agroalimentari, evidenzia i dati sotto riportati:

*_COSTI_*

*_RICAVI A FINE CICLO_*

*TOTALE COSTI INTERO CICLO: 7478,8 €*
*TOTALE RICAVI INTERO CICLO:1.117,5 €*

h3{color:#D3612B;}. *_PERDITA: – 6.361,3 €_*

h3{color:#D3612B;}. *_PERDITA MEDIA ANNUA/ETTARO: -554,9 €_*

I dati sopra riportati, espressione della media di tutti gli appezzamenti coltivati nel comune di San Gillio, sono riferiti a fine ciclo, ovvero conteggiati all’anno conclusivo della coltura e la differenza finale, tra costi e ricavi, è stata invece ripartita annualmente.
In conclusione il reddito derivante dalla sola coltivazione, senza alcun tipo di contributo, è pesantemente negativo.
Si sottolinea che nell’analisi effettuata non si è tenuto conto, né del contributo per le coltivazioni energetiche pari a 45 €/ettaro/anno, né del contributo PAC, variabile per zona, e comunque cumulabile anche nel caso di queste colture. Da quanto emerge dalla presente analisi si può concludere che non è giustificata la scelta di utilizzare terreni marginali per la coltivazione delle SRF.
Nel prossimo articolo valuteremo, con gli stessi parametri, il caso di coltivazioni SFR in terreni molto fertili.

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