L’associazione ambientalista ha analizzato il decreto proposto dal Governo alle Regioni ed attualmente in discussione evidenziando pecche ed effetti collaterali
Piano casa, ricetta anti crisi? Non secondo Legambiente che ieri ha lanciato il suo invito a Regioni e Comuni affinché blocchino “lo scempio”. La richiesta arriva posteriormente all’analisi del testo da parte dell’Associazione che ha quindi evidenziato “5 buoni motivi per respingere il decreto devasta paese”, e tra questi anche l’allontanamento da ogni riferimento ai vincoli inizialmente legati all’efficienza energetica e alla bioedilizia.
“L’ampliamento del 20 o 40% (se si utilizza il bonus del vicino) – spiega Legambiente – non è legato ad alcun obiettivo energetico. Nel caso della demolizione e ricostruzione, i primi testi fatti circolare parlavano di un +30 che arrivava a 35% nel caso di attenzione alla bioarchitettura. Invece ora il 35% è per tutti ma è di una genericità assoluta e senza alcun parametro per valutare gli interventi”. “Basterà autocertificare – continua – che si utilizzano tecniche di bioedilizia (non definite dalla legge) o fonti di energia rinnovabili (senza specificare in che misura) o si risparmia nell’utilizzo delle risorse idriche e potabili. In pratica, quindi, basterà dichiarare di aver inserito qualche riduttore di flusso nei rubinetti (del costo di qualche decina di euro) o una vernice di origine naturale per avere diritto a un aumento di cubatura che permetterà un guadagno di decine di migliaia di euro”. A rendere ancor più grave la situazione secondo Legambiente è che tali interventi “senza alcun effetto vero di riduzione dei consumi energetici o idrici possono beneficiare anche di un 50% di riduzione degli oneri di urbanizzazione. Uno sconto senza motivo”.