(Rinnovabili.it) – L’antefatto risale al 2007 anno in cui la Commissione europea decise di imporre, in base al controllo dei PNA (Piani Nazionali di Assegnazione), un tetto massimo di quote di emissione a Polonia ed Estonia, stabilendo di fatto che occorresse ridurre, rispettivamente del 26,7% e del 47,8%, le quantità totali annue di quote di CO2 eq. (rispetto a quelle che i due Stati membri proponevano di emettere). In seguito al ricorso la Corte di giustizia europea si è espressa bocciando oggi tali decisioni e così motivandole: “Lo Stato membro è l’unico competente, da una parte, ad elaborare il PNA […] e dall’altra, a prendere la decisione finale che fissa la quantità totale di quote da assegnare per ciascun periodo di cinque anni e la suddivisione di tale quantità tra gli operatori economici […] Il Tribunale considera in sostanza che, respingendo il PNA sulla base di un ragionamento che consiste nel ricordare l’esistenza di dubbi circa l’attendibilità dei dati sui quali si sono fondate l’Estonia e la Polonia, la Commissione è incorsa in un errore di diritto […] La Commissione si è sostituita, in pratica, agli Stati membri interessati. Pertanto tali decisioni hanno per effetto di sconfinare nella competenza esclusiva che la direttiva conferisce agli Stati membri per decidere della quantità totale di quote da assegnare relativamente a ciascun quinquennio a partire dal 1° gennaio 2008”.
Una sentenza che suona in maniera particolare, considerando che proprio ora il mondo sta tentando di trovare un accordo condiviso sulla riduzione delle emissioni climalteranti. Delusa la Commissione che per bocca della portavoce Barbara Helfferich ha così commentato: “E’ una sentenza che ci delude molto. La stiamo analizzando molto attentamente per valutare le possibilità di fare ricorso”. Il pericolo evidenziato è che la sentenza metta a rischio la borsa dei diritti di emissione (ETS), nonostante non si possa predire con certezza l’entità dell’impatto. “La Commissione – ha chiarito Helfferich – prenderà comunque tutte le misure per evitare conseguenze” sulla stabilità nel prezzo della tonnellata di CO2, inclusa la possibilità di intervenire direttamente sulla questione.