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Pacchetto clima: Germania chiede gratuità della Borsa emissioni

La Germania si oppone alle disposizioni in merito alla Borsa emissioni e chiede la gratuità della Borsa emissioni e si oppone al principio della progressività. Problemi diversi, ma relativi allo stesso punto, sollevati da parte della Polonia e gli altri Paesi dell’est Europa

Atmosfera tesa, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello diplomatico al Vertice dei Ministri di oggi a Bruxelles: la Germania infatti, secondo fonti europee, punta i piedi e chiede la gratuità dei titoli ad inquinare per le industrie europee. Secondo la proposta contenuta nel pacchetto clima-energia, al vaglio in questo ultimo rush in attesa del voto definitivo dell’11 dicembre, i titoli ad inquinare infatti dovrebbero essere venduti e scambiati all’asta a pagamento a partire dal 2013. Il Governo tedesco in questo contesto richiede la gratuità dei suddetti titoli per la sua industria pesante, in particolare per i settori dell’acciaio, della chimica di base e del cemento, i quali contribuiscono a totalizzare il 67% delle proprie emissioni di CO2. Berlino si oppone inoltre al principio della progressività che prevede di cominciare a vendere il 20% dei diritti ad inquinare nel 2013 per arrivare al 100% entro il 2020, come stabilito nella prposta francese. Il Governo infatti acconsente al 100% solo per le industrie energetiche, ovvero quelle che di per sè producono energia. Da questo punto di vista, sul fronte opposto, si schiera la Polonia, la quale, anche a causa del fatto che la sua principale fonte di energia è il carbone, dichiara di avere grossi problemi quanto alla Borsa europea per le emissioni, e chiede quindi la deroga al pagamento dei titoli per le stesse industrie energetiche. Stesso problema per fli altri otto paesi dell’Est Europa, comprese le tre Repubbliche baltiche. In questo discutere l’Italia resta ad ascoltare e contestualmente rinnova le sue preoccupazioni quanto alla sua industria manufatturiera che, in assenza di deroghe e progressività, si ritroverebbe ad affrontare costi insostenibili e sarebbe sottoposta al rischio della delocalizzazione delle aree produttive.