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Olimpiadi 2020, Roma si candida. Con un progetto eco-sostenibile

Per il 2020 Roma propone Olimpiadi eco-sostenibili: lo ha detto il sindaco Alemanno nella Sala Sinopoli dell’Auditorium, presentando il dossier con cui la Capitale si candida a ospitare i XXXII Giochi Olimpici e i XVI Giochi Paralimpici. Un progetto senza nuovi stadi, con un grande parco fluviale, molto verde e un forte impegno per abbattere sprechi e modernizzare le strutture esistenti, come quelle lasciate in eredità dalle Olimpiadi del 1960. Per sapere tutto sullo spirito e sui contenuti del progetto, basta visitare www.2020roma.it, il sito ufficiale della candidatura romana, cui lo stesso Sindaco ha dato il via sul web dal podio dell’Auditorium. E che in poche ore ha registrato oltre 5.000 contatti, mentre la diretta video (in streaming da questa pagina e sullo stesso sito della candidatura) è stata seguita da oltre 10 mila persone.

Cuore del progetto, il Parco Olimpico a Roma nord con un nuovo parco fluviale del Tevere come ossatura e “trait-d’union” tra le parti: il Villaggio Olimpico a Tor di Quinto, il Foro Italico e lo Stadio Olimpico per l’atletica e la finale di calcio maschile, lo Stadio del Nuoto; gli impianti dell’Acqua Acetosa per il pentathlon, l’hockey e il tiro con l’arco… Fino a Settebagni dove sono previste le gare di canoa e canottaggio. E il “villaggio media” a Saxa Rubra.

Lungo l’intera dorsale dell’area olimpica, il parco fluviale – destinato a rimanere in eredità ai romani dopo i Giochi – si estenderà dalla diga di Castel Giubileo fino a Ponte Milvio e a Ponte Duca d’Aosta: 12 chilometri di fiume reso navigabile, un vero e proprio sistema di collegamenti alternativo alla viabilità su asfalto; con approdi, piste ciclabili e ponti pedonali. Il tutto, raggiungibile da parcheggi di scambio e stazioni ferroviarie. Un esteso intervento urbanistico e ambientale che coinvolge e collega zone e quartieri (Saxa Rubra, Salaria, Grottarossa, Tor di Quinto, Acquacetosa) in un unico asse verde, “ricucendo” parchi pubblici e ville storiche (Villa Ada, Villa Glori, Parco di Veio); e che prevede, tra l’altro, un nuovo sistema di depurazione e ossigenazione delle acque del Tevere.

Un polmone di oltre 500 ettari che resterà alla città, se Roma vincerà la sfida olimpica. Analogamente, rimarranno gli impianti come il Villaggio Olimpico e il centro media: collocati nel progetto ai bordi del parco, saranno concepiti in modo da poter accogliere, in futuro, servizi per il parco stesso. E con l’occasione si potrà ridisegnare e regolamentare la rete delle aree sportive già esistenti, pubbliche e private.

2020, ha detto il Sindaco, non è solo una data ma pure un numero emblematico, perché rimanda agli obiettivi europei in materia ambientale di qui a dieci anni: più 20 per cento di energie rinnovabili, meno 20% di emissioni nocive. Le Olimpiadi, sottolinea Alemanno, sono anche economia e le previsioni lo lasciano chiaramente intendere: tre milioni di visitatori attesi, quattro miliardi di telespettatori con gli occhi puntati sulla città ospitante. Ma soprattutto, ha concluso il Sindaco, possono essere la chiave d’accesso a un diverso modo d’intendere lo sviluppo; ad una “globalizzazione dal volto umano”. E Roma, capitale dell’accoglienza, con le credenziali maturate nell’allestimento di grandi eventi sportivi (“la migliore finale di Champion’s League mai organizzata, per riconoscimento universale”), ha le carte in regola per fare da apripista.

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