“Lei”, ovvero l’Istituto agricolo olandese, ha appena rilasciato un rapporto dal titolo “L’uso di residui dell’industria alimentare olandese per la produzione di mangimi animali, bioetanolo e biodiesel”, da cui emerge una fotografia completa dello stato delle agroenergie della nazione. Secondo la pubblicazione in Olanda il 60% – 90% delle esigenze di materia prima per la produzione di bioetanolo e il 110% di quelle per il biodiesel potrebbero essere tranquillamente coperte dai residui dell’industria alimentare. Il condizionale è d’obbligo, dal momento che la tecnologia attuale non è in grado di convertire più del 29% di questi residui. Il resto necessita di metodologie di seconda generazione. Inoltre prendendo in considerazione anche aspetti non tecnologici, come la continuità della disponibilità di residui e la loro qualità, non c’è praticamente alcuna reale possibilità per la produzione di bioetanolo, mentre per il biodiesel sono recuperabili i grassi animali e vegetali. Secondo l’Istituto, l’Olanda può contare su una produzione di residui industriali pari a 7,5 milioni di tonnellate l’anno, una quantità tale da permettersi, quando le tecnologie di seconda generazione saranno disponibili, d’entrare a pieno titolo in un mercato più ampio, che comprenderà anche altri tipi di residui, oltre ai grassi animali e vegetali.