(Rinnovabili.it) – La loro alleanza scientifica e tecnologia ha già dimostrato, nel passato, di poter produrre ottimi frutti e ora proietta nel futuro l’ipotesi di risultati ancora più brillanti. Dopo aver inaugurato insieme nella scorsa primavera il “Solar Frontiers Center”:https://www.rinnovabili.it/mit-ed-eni-inaugurato-il-solar-frontiers-center701753 , il polo d’eccellenza per la ricerca sulle tecnologie solari più avanzate, MIT ed Eni allargano il loro campo di collaborazione. Nella giornata di oggi il presidente del Massachussets Institute of Technology (MIT), Susan Hockfield, e l’Amministratore Delegato di Eni, Paolo Scaroni, si sono incontrati presso la sede del MIT a Cambridge, in Massachussets, per un bilancio sui progetti di ricerca avviati sulle fonti di energia e per annunciare nuove aree di intervento comune nello sviluppo di tecnologie, finalizzate a neutralizzare le conseguenze delle esplosioni incontrollate di pozzi petroliferi e al contenimento del fenomeno dell’ “oil spill‘. Eni e MIT stanno infatti portando avanti progetti di sviluppo per testare e sviluppare su larga scala materiali innovativi per il contenimento e la pulizia di eventuali fuoriuscite di petrolio. Materiali che consentono di identificare, valutare, attrarre e catturare gli elementi inquinanti degli idrocarburi, e di ridurre significativamente il loro impatto sull’ambiente.
La collaborazione tra il Massachusetts Institute of Technology e la compagnia italiana proseguirà anche in un’altra significativa area di ricerca che potrebbe offrire risultati altrettanto incoraggianti: quella dello sviluppo delle tecnologie cosiddette _breakthrough_ per controllare e fermare eventuali esplosioni di pozzi petroliferi in condizioni ambientali critiche come le acque profonde o le aree artiche.
Durante l’incontro di oggi Susan Hockfield e Paolo Scaroni hanno anche annunciato lo sviluppo di nuove molecole auto-assemblanti che hanno la particolarità di riuscire a ripararsi autonomamente e in tempi rapidi. Un risultato importante dal momento che queste molecole possono trasformare la luce solare in elettricità e riparare da sé le componenti organiche di una cella solare danneggiata dalla stessa luce del sole: una caratteristica innovativa che aiuta a risolvere un problema comune a questi dispositivi.