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Oceani, non più deposito naturale di CO2

Come in un circolo vizioso, a causa dei nuovi fenomeni che interessano gli oceani provocati dai cambiamenti climatici, questi perdono la loro capacità di assorbimento della CO2 che resta in atmosfera e accelera ancora gli stessi cambiamenti climatici

Dieci anni di studi ed ecco il dato definitivo: gli oceani, deposito naturale per la CO2 prodotta dalle attività umane, rischiano di non essere più in grado di assolvere il loro ruolo perdendo sempre più la loro capacità di assorbire l’enorme quantità di anidride carbonica emessa quotidianamente. Dal 1998 al 2008 infatti, gli studi eseguiti da un gruppo di ricercatori del Cnrs-Insu (Centre national de la recherche scientifique, Institut national des sciences de l’univers), dell’Ipev (Institut Paul Emil Victor) e dell’Ipsl (Institut Pierre Simon Laplace), grazie anche alla formazione di un servizio di osservazione dell’Oceano Indiano per valutare le variazioni del ciclo del carbonio chiamato Oiso, hanno dimostrato come la capacità di trattenere la CO2 da parte delle masse marine si sia indebolita a causa di un intensificazione del fenomeno di miscelazione delle acque in conseguenza ad un aumento dei venti. Il Direttore della ricerca dell’Ipsl, Nicolas Metzl, sottolinea come, soprattutto tra 40 e 60 gradi di latitudine, i cambiamenti climatici abbiano portato a un aumento della differenza di pressione atmosferica, di conseguenza ad una maggiore velocità del vento e quindi miscelazione dell’oceano. Normalmente infatti le acque superficiali contengono meno CO2 essendo questa catturata dall’attività fotosintetica del fitoplancton, e soltanto in seguito si deposita in acque profonde. La dinamica dimostrata e che si sta sviluppando attualmente all’interno della massa d’acqua oceanica è perfettamente inversa, nel senso che a causa del rimescolamento alterato generato dai forti venti cui sono sottoposti gli oceani, la CO2 precedentemente depositatasi in profondità sta tornando in superficie saturando repentinamente la capacità di assorbimento delle masse marine.
Ciò che preoccupa maggiormente gli scienziati è la grandezza delle aree interessate dal problema. Infatti, se prima il fenomeno era caratteristico degli oceani dell’emisfero boreale, questo effetto del clima sta investendo anche quelli dell’emisfero australe, tanto che lo stesso Oceano Indiano ha ridotto di dieci volte la sua capacità d’assorbimento e la cui quantità di diossido di carbonio è rapidamente cresciuta sullo strato più superficiale dell’acqua, portandosi a 2,1 microatmosfere all’anno rispetto a 1,7 dell’aria; quanto all’Oceano Atlantico, la sua capacità di effettuare un’azione mitigatrice nei confronti della CO2 è diminuita del 50% tra il 1996 e il 2005.
Ovviamente, venendo meno l’effetto delle masse oceaniche sull’assorbimento del gas serra, si sta verificando un altro effetto collaterale che acutizza sempre l’effetto serra in quanto la CO2, non avendo più a disposizione il mare, si stabilizza nell’atmosfera terrestre, ne aumenta repentinamente le concentrazioni e determinando un preoccupante incremento della temperatura.

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