Pressato dalla stampa, dall’opinione pubblica e da un vasto fronte internazionale che ha giudicato in maniera poco tenera la sua gestione del disastro ecologico del Golfo del Messico, Barak Obama ha deciso: il futuro degli Stati Uniti sarà rinnovabile. Un annuncio, quello del Presidente, arrivato durante il discorso alla nazione pronunciato per la prima volta dallo Studio Ovale della Casa Bianca, quando in Italia erano le due del mattino. Diciotto minuti per tacciare un bilancio della “peggiore catastrofe ecologica” della storia del Paese che, come tutti i bilanci negativi, porta con sé anche una possibile soluzione per il futuro. A Obama, che già aveva limitato fino allo stop le nuove autorizzazioni alle trivellazioni in mare, è rimasto il compito più difficile: fare di un disastro un “monito”:https://www.rinnovabili.it/acot-obama-questo-e-lultimo-campanello-dallarme595568 per trovare consensi a sostegno di una riforma legislativa che, da ora in poi, dovrebbe far virare la nazione verso eolico, biomassa e fotovoltaico.
L’ “epidemia” nera, le cui conseguenze, come ha ricordato il presidente “dureranno per mesi, per anni” è “un richiamo doloroso e forte per farci capire che è giunto il tempo di adottare le energie pulite per il futuro – ha sottolineato – e lanciare una missione nazionale che liberi le potenzialità dell’innovazione americana prendendo in mano il nostro destino”. Un’epidemia che sarà difficile da debellare e per scongiurare altri disastri simili ora è necessario che tutta la nazione cambi stile di vita, consumi meno, abbia più coscienza e conoscenza delle tematiche ambientali e delle fonti pulite.
L’annuncio del Presidente è il primo passo verso una nuova rivoluzione americana. Senza armi, senza guerre. Puntando tutto su efficienza energetica, contenimento degli consumi e producendo energia grazie alle fonti energetiche alternative. Fonti energetiche di cui ora gli Stati Uniti hanno un disperato bisogno per svincolarsi lentamente dalla dipendenza del petrolio e garantire un approvvigionamento energetico sufficiente a tutti gli Stati. “Noi americani – ha ricordato il Presidente – consumiamo il 20% del petrolio mondiale ma possediamo appena il 2% delle riserve mondiali”. Sarà una riconversione lunga e sicuramente non facile, come ha precisato Obama, che non potrà realizzarsi nel giro di un paio d’anni. Ma potrebbe portare, come ha sottolineato il primo inquilino della Casa Bianca, a un “incremento notevole dell’occupazione” in tutto l’indotto, in un momento in cui soprattutto gli Usa sono affamati di certezze lavorative.
La cura verde contro l’epidemia nera necessita però immediatamente di un “piano di battaglia” per combattere la nuova “guerra del golfo ecologica”. E il presidente Usa, oltre a rincarare la dose contro la Bp che “dovrà pagare fino all’ultimo centesimo per il disastro”, ha annunciato che, a partire da oggi, avrà inizio la fase di ripulitura più consistente della marea nera. Obama ha poi confermato che imporrà alla società petrolifera britannica di costituire un fondo di garanzia per i risarcimenti alle vittime della marea nera di 20 miliardi di dollari su un conto bloccato. Una richiesta alla quale ancora i vertici della Bp non hanno dato l’ok.
La marea nera provocata dal disastro ecologico che il presidente Usa ha definito “l’11 settembre dell’ambiente” ha aperto una ferita che ora Barack Obama spera di rimarginare con le rinnovabili. Un cambio di rotta che è sembrato un atto dovuto, di coerenza. Ma costruire un futuro a energia pulita non sarà certo operazione facile per gli Usa e peserà non poco sui bilanci nazionali. Obama però non ha paura: “sarà una transizione costosa e qualcuno pensa che non potremo permettercelo. Io credo che non possiamo permetterci di non cambiare il modo in cui produciamo energia, perché il peso di lungo termine sull’economia, sulla sicurezza nazionale e sull’ambiente sono molto maggiori”.
Intanto non si ferma la nefasta lista di intoppi e incidenti della Bp nel Golfo del Messico: ieri un fulmine si è abbattuto sulla nave su cui viene immagazzinato il petrolio risucchiato dal pozzo e sono state subito sospese le operazioni di contenimento per lo scoppio di un incendio che, fortunatamente, non ha causato nessun ferito. Anche sul fronte legislativo non va meglio. Nonostante i continui richiami della Presidenza, la legge sul climate change passata alla Camera già un anno fa è ancora ferma in Senato. Ma ora il presidente americano ha perso la pazienza: “l’unica cosa che non tollererò è l’inazione – ha detto – e l’unica risposta che non accetto è quella di chi dice che la sfida è troppo grande e difficile. La stessa cosa si disse sulla nostra capacità di produrre aeroplani e carri armati durante la Seconda Guerra Mondiale”. Solo che ora per vincere questa guerra bisognerà produrre pale, turbine e pannelli solari.