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Nuova presidenza svedese per la Ue e la politica clima-energia

(Rinnovabili.it) – Oggi debutta la nuova presidenza e tocca alla Svezia e al suo leader Fredrik Reinfeldt, del partito moderato, che sa bene di trovarsi davanti un semestre difficile, sia sul fronte economico (saranno prossimi mesi i più duri della crisi?) che per gli appuntamenti dell’agenda europea come il summit di Copenhagen sul cambiamento climatico, dove occorre che l’Europa adotti una posizione comune e coerente, possibilmente prima dell’incontro di fine anno.
Il governo svedese è un po’ troppo ambizioso nei suoi progetti sul cambiamento climatico – si vocifera nel mondo politico – il primo ministro punta molto sulla conferenza di Copenhagen in dicembre, ma sembra che la Cina e gli Stati Uniti abbiano altre priorità. Siamo in una crisi economica e dovrebbe concentrarsi soprattutto su questo.
A tale proposito verrà proposto “modello svedese” centrato sull’integrazione della forza lavoro nel mercato. Ma anche il tema del mutamento climatico assumerà un ruolo fondamentale, e la Svezia – che si è distinta per la sua politica energetica presentata a livello nazionale – farà senz’altro valere la propria determinazione.

*La posizione della nuova Presidenza su Clima ed Energia*

Le emissioni di gas ad effetto serra aumenta, e il cambiamento climatico è attualmente in corso più rapidamente di quanto avessero calcolato le previsioni scientifiche. Il rischio di un cambiamento climatico irreversibile sta crescendo ogni giorno. Il riscaldamento globale è quindi una minaccia ambientale che richiede soluzioni globali.
Le emissioni sono nocive, indipendentemente dalla loro origine geografica, e hanno invece in comune il fatto di avere conseguenze molto negative sulla vita di tutto il pianeta. Per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, tutti i paesi devono partecipare. E’ una sfida che richiede una collaborazione a lungo termine, in tutte le società, a livello locale, nazionale e internazionale.
L’Unione europea si basa su stime della IPCC delle Nazioni Unite, che indica la necessità di diminuire di almeno la metà le emissioni globali tra il 1990 e il 2050 per limitare l’aumento della temperatura media di due gradi. Questo vuol dire che il mondo industrializzato dovrà ridurre le proprie emissioni del 25-40% entro il 2020 e del 80-95% entro il 2050 rispetto al 1990. Secondo l’IPCC, che è anche urgente la necessità di creare le condizioni che consentono di paesi in via di sviluppo a ridurre le loro emissioni del 15-30% entro il 2020.
Il clima è una sfida che richiede la cooperazione e un’azione concertata, sia in Europa e in tutto il mondo. Se noi crediamo, ribadisce il presidente svedese Reinfeldt, a livello globale, ad una trasformazione che comporterà minor dipendenza dai combustibili fossili, potremo evitare costi significativi, in futuro, a compensare i disastri climatici.
Inoltre i Paesi industrializzati hanno il dovere di aprire la strada, nella misura in cui le nostre emissioni di gas ad effetto serra sono più importanti nelle regioni più povere del mondo, e ci troviamo in una situazione economica più favorevole.

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