Cambiando il modo dei servizi pubblici di lavorare fra loro e le modalità con cui vengono gestiti i rispettivi business si potrebbe affrontare la variabilità e l'incertezza delle fonti rinnovabili senza la necessità di nuove infrastrutture elettriche
(Rinnovabili.it) – Il DOE, attraverso il National Renewable Energy Laboratory (NREL), ha pubblicato in questi giorni un primo studio di valutazione sugli impatti operativi ed economici provenienti dall’aumento dei contributi eolici e fotovoltaici sull’infrastruttura elettrica degli Stati Uniti Occidentali.
La relazione, frutto di un lavoro di tre anni, analizza benefici e sfide determinate dall’integrazione della produzione elettrica da fonti rinnovabili nella rete, nell’ipotesi che venga prodotto da quest’ultime il 35% del suo fabbisogno entro il 2017.
Obiettivo, quello di costituire un punto di partenza per i programmi delle utility nel pianificare il proprio aumento di produzione di energia rinnovabile. Focalizzandosi sugli impatti operativi dell’eolico, fotovoltaico e solare a concentrazione sul sistema energetico gestito da WestConnect, lo studio ha rilevato che il target 2017 non solo è possibile, ma non richiederebbe particolari infrastrutture aggiuntive, quanto piuttosto cambiamenti strategici nella prassi operativa. Le due fonti insieme costituiscono meno del 3 per cento del totale elettrico degli Usa, ma entrambe stanno crescendo rapidamente sulla portentosa scia di una serie di incentivi statali e federali.
Invece di investire su larga scala in nuove infrastrutture, ha spiegato Debbie Lew, project manager senior del NREL, le utility potrebbero aumentare il coordinamento su un’area geografica più ampia per ridurre la volatilità che il vento e il solare tendono ad aggiungere.
“Si può fare molto di più – ha detto Lew – se si cambia il modo in cui le utility collaborano e come svolgono le loro operazioni oggi ed aiutare così ad ospitare questa variabilità senza dover fare il pieno di sistemi di back up e stoccaggio energetico”.