Sono oltre 150 i soggetti coinvolti, tra imprese e centri di ricerca sparsi in tutte le province pugliesi, che uniscono le forze per sviluppare i materiali edili del futuro e per accedere ai fondi europei.
Grazie alla legge regionale n. 36/07, che favorisce l’unione di imprese per comparti produttivi o filiere in cui si coniugano produzione, ricerca, innovazione e formazione degli operatori, il 2 febbraio scorso a quest’insieme di soggetti pubblico/privati è stato riconosciuto lo status di «Distretto dell’edilizia sostenibile».
I principali operatori privati del settore, tra produttori di materiali per l’edilizia, gruppi di impiantisti e imprese edili, si affiancano sei enti di ricerca applicata e formazione ai materiali come il Cetma di Brindisi, l’Enea, l’Università e il Politecnico di Bari, l’Istituto per la trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale.
Un complesso di società con un giro d’affari in media di 5 milioni di euro ciascuna, con oltre 5.500 dipendenti e che puntano, aggregandosi, a creare sinergie per la ricerca dei materiali e per l’accesso ai finanziamenti comunitari.
Un’idea vicina a quella che ha portato alla nascita del distretto della bioedilizia sorto a Treviso e promosso, a differenza della Puglia, da artigiani e non da imprese di costruzione.
Il distretto pugliese dell’edilizia sostenibile ha due obiettivi principali, il primo è qualitativo, puntando a migliorare la qualità costruttiva e innalzare il comfort abitativo attraverso la riduzione dei consumi di energia e delle risorse ambientali. L’altro è più strategico, infatti, collegando la ricerca e l’innovazione al settore edile, il distretto punta ad accedere più facilmente ai fondi europei resi disponibili attraverso bandi che richiedono quasi sempre, come requisito per la partecipazione, l’integrazione tra la ricerca e l’attività produttiva.
Il settore dell’edilizia sostenibile, infatti, secondo le stime dell’Enea, solo in Puglia potrebbe toccare gli 8 miliardi di giro d’affari nel 2019 tra settore residenziale e non residenziale, con una domanda di materiali eco-compatibili pari a circa 2 miliardi di euro.
Un business che è strettamente legato alla produzione di energia da fonti rinnovabili che cammina a sua volta a braccetto con le istituzioni e le riqualificazioni territoriali.
A dare sostegno alle piccole imprese edili pugliesi nello spingere l’acceleratore verso questa direzione, infatti, sono le agevolazioni fiscali che le leggi regionali per la ristrutturazione urbana stabiliscono per chi realizza edifici a basso impatto ambientale in grado di utilizzare le energie ricavate da fonti rinnovabili. La Puglia, infatti, ha elaborato un piano energetico che prevede di aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili dall’attuale 3% al 18% nell’arco di dieci anni.
La produzione di energia elettrica dovrà raggiungere i 43.000 gigawatt (dai 31mila attuali) facendo sempre più ricorso al gas naturale (dal 13% al 32%) e alle fonti rinnovabili (dal 4% al 18%) e rinunciando a carbone e petrolio. Un percorso che sarà accompagnato dal potenziamento delle ecostrutture e degli immobili che utilizzeranno queste nuove fonti energetiche.
Per Salvatore Matarrese, presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) della Puglia e tra i principali promotori del distretto, il polo rappresenta «un’interessante opportunità di collaborazione ed integrazione a livello regionale tra mondo imprenditoriale, della formazione e della ricerca per consolidare la filiera delle costruzioni e creare un polo di eccellenza strategico sia nel costruire sostenibile che nel modello di partenariato pubblico-privato che andrà a determinarsi».
(Maurizio Matera)