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Moduli fotovoltaici e indio, un matrimonio di interessi

La piazza principale in cui è quotato l'elemento chimico è quella cinese: il +16% che verrà registrato nei prossimi due anni rappresenta un incentivo a sviluppare nuovi progetti nel fotovoltaico, visto che le alte quantità di indio assicurano prestazioni più alte da parte dei pannelli.

(Rinnovabili.it) – L’indio, metallo raro e molto simile al bronzo e all’alluminio, non fornisce un importante contributo soltanto alla produzione di televisori a cristalli liquidi ma anche, seppure in piccola parte, alle applicazioni per le celle fotovoltaiche; è proprio per quest’ultimo motivo che il settore delle energie rinnovabili deve osservare con attenzione le performance del mercato dedicato che, secondo le stime degli analisti, dovrebbe far registrare un incremento di sedici punti percentuali entro il 2013. Ma anche lo scorso anno è stato piuttosto positivo in tal senso, con la domanda di indio in costante crescita per i suoi due utilizzi. Ciò nonostante, c’è chi nutre dei dubbi a tal proposito, spinto dalla convinzione che i moduli fotovoltaici non rappresentino lo sfruttamento principale del metallo, a causa principalmente degli alti costi. A dire la verità, il collegamento tra indio e fonti rinnovabili è più stretto di quanto si possa pensare; in effetti, il mercato delle celle realizzate in questo modo ha subito di recente un’accelerazione importante, con le applicazioni capaci di un aumento del 40% su base annua. I prezzi dovrebbero raggiungere agevolmente quota 850 dollari per ogni chilogrammo nei prossimi due anni, ma nel lungo termine questo prezzo potrebbe stabilizzarsi (la piazza principale è quella cinese). Secondo alcune ricerche condotte da dagli studiosi della Johannes Gutenberg-Universität Mainz hanno messo in luce una realtà piuttosto interessante: le superfici dei moduli thin film in CIGS (Diseleniuro di indio rame gallio) tendono ad essere più omogenee e dunque più efficienti quando l’indio è presente in quantità maggiori.