A questo punto il concetto dovrebbe essere acquisito. Ormai muoversi nei centri urbani con un veicolo privato o pubblico è uno di quei problemi che le amministrazioni non possono risolvere se non affrontandolo da diversi punti di vista. Viabilità, parcheggio, tempi di percorrenza, costi per la manutenzione stradale, inquinamento atmosferico e acustico, prevenzione e cure per la salute pubblica.
Si tratta di una materia in gran parte di competenza locale, ma in una situazione di emergenza ambientale come quella che stiamo vivendo (vedi ad esempio il blocco del traffico qualche settimana fa) ci si aspetterebbe dal governo centrale un deciso intervento, con gli strumenti che gli sono propri, come ad esempio finanziamenti per migliorare l’efficienza del trasporto pubblico, oppure incentivi speciali per gli autoveicoli meno inquinanti, un controllo più severo sui monitoraggi delle centraline di rilevamento atmosferico, aiutando le amministrazioni locali ad ottemperare alle normative Ue in questo campo.
h4{color:#D3612B;}. Governo: incentivi addio
Invece, almeno per questo inizio del 2010, il governo non prevede nemmeno la conferma degli incentivi per le auto in corso nel 2009. Proprio quelli che servivano se non altro a svecchiare il parco auto, mettendo in circolazione modelli più nuovi e meno inquinanti e togliendo dalle strade quelli più dannosi e pericolosi. Ma tant’è, oggi nel cosiddetto decreto Scajola sugli incentivi industriali c’è posto per eco-scooter, elettrodomestici, mobili da cucina, abitazioni ad alta efficienza energetica, gru per l’edilizia, trattori, motori nautici, rimorchi e motori ad alta efficienza energetica, ma non per gli autoveicoli. Il decreto approvato ieri, firmato oggi e attivo dal 6 aprile prevede nello specifico un 10% di sconto (fino ad un massimo di 750 euro) acquistando un motociclo Euro 3, fino a 400 cc. di cilindrata e 70 kW, rottamandone uno di categoria Euro 0 o Euro 1. Lo sconto sale al 20% (con un massimo di 1500 euro) se, contro la stessa rottamazione, si acquista uno scooter elettrico, o ibrido. Il tutto però fino ad esaurimento dello stanziamento che complessivamente è di 12 milioni di euro (su un budget complessivo di 300 milioni… nemmeno il 20%). In più va considerato anche l’aspetto economico dei mancati incentivi tanto che per l’Unrae (l’associazione degli importatori stranieri d’auto) sono a rischio 10.000 posti di lavoro, 800 milioni di IVA e lo 0,4% del PIL, pari a ben 4,6 miliardi di euro. Ed anche le associazioni delle concessionarie preannunciano per il 2010 un disastro.
h4{color:#D3612B;}. Le iniziative delle amministrazioni locali
A fronte di questa inerzia del governo centrale ci sono le istituzioni locali, comuni in testa, che sono invece in prima linea per la mobilità sostenibile e cercano di fronteggiare il problema con varie misure come quella approvata in settimana dal consiglio comunale di Roma. Si tratta di un piano per la mobilità sostenibile che, come spiega l’assessore alle Politiche della mobilità, Sergio Marchi, permetterà finalmente alla Capitale di dotarsi di un piano integrato per la mobilità a impatto ambientale zero. Si punterà nel breve periodo sull’incremento del trasporto pubblico locale, soprattutto quello ferro-tramviario. Ma poi anche sulla programmazione di tipo infrastrutturale, per permettere a Roma di risolvere progressivamente, ma definitivamente, il problema del traffico che peggiora di anno in anno.
Al nord invece partirà da giugno per una coppia di comuni, Milano e Brescia, il progetto pilota “E-Moving” per la mobilità elettrica italiana, iniziando, ovviamente, dall’istallazione di una rete di ricarica destinata a questi veicoli a zero emissioni. Si tratterà di 270 impianti per il rifornimento energetico, istallati dalla A2A, con possibilità di una ricarica standard di 8 ore con prese da 220 Volt. In seguito sarà la volta delle prese a ricarica rapida, quelle da 400 Volt, che assicureranno un “pieno” in 20-30 minuti. Verrà utilizzata esclusivamente energia proveniente da fonti rinnovabili. Si partirà con l’acquisto e/o il noleggio di 60 veicoli elettrici commerciali e non, proponendo di tariffe flat o a consumo per il consumo d’energia.
Gli altri comuni fanno quello che possono, con utili (o inutili?) stop domenicali del traffico o, come Napoli, cercando di tamponare il problema traffico con il bando per l’assunzione di 170 nuovi vigili urbani. Oppure Catanzaro che, in una mostra, anticipa come cambierà la mobilità urbana nel capoluogo: metropolitane, tappeti, scale mobili, ascensori, tutti elementi di mobilità alternativa all’auto, in un sistema integrato e connesso che candida Catanzaro, in Europa, come città laboratorio su questo tema.
E questi sono argomenti che verranno trattati dalla manifestazione di maggio “Forum P.A. 2010” in cui si dibatterà della “città smart” come la definisce Jeremy Rifkin, il quale interverrà per spiegare la sua teoria secondo la quale va pensata e progettata “una città in cui gli spostamenti siano agevoli, che garantisca una buona disponibilità di trasporto pubblico innovativo e sostenibile, che promuova l’uso dei mezzi a basso impatto ecologico come la bicicletta, che regolamenti l’accesso ai centri storici privilegiandone la vivibilità (aree pedonalizzate); una città smart adotta soluzioni avanzate di mobility management e di infomobilità per gestire gli spostamenti quotidiani dei cittadini e gli scambi con le aree limitrofe”.
h4{color:#D3612B;}. Mobilità urbana e inquinamento, qualche dato
Ultimo, ma non di secondaria importanza, è l’aspetto sanitario che riguarda la salute pubblica, ovviamente minacciata dalle emissioni degli autoveicoli e dove un particolare pericolo è rappresentato dalle polveri sottili. A questo proposito è illuminante una ricerca svolta da Legambiente che ne ha reso noto i risultati in occasione della V Conferenza ministeriale “Ambiente e Salute” organizzata dai ministeri dell’Ambiente e dalla Salute e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
Dallo studio, che si riferisce a dati del 2009, risulta che 57 città italiane su 88, tra quelle che hanno dati completi sulle Pm10, superano il limite previsto dalla legge, fissato in 50 microgrami/metro cubo per un massimo di 35 giorni di superamento l’anno. La situazione più grave si riscontra a Napoli con 156 sforamenti del tetto medio giornaliero, seguono Torino con 151, Ancona con 129 e quindi Ravenna con 126. Fra i grandi centri troviamo Milano con 108, Roma con 67 e Venezia con 60. Anche per un altro gas nocivo, l’ozono, la situazione è grave. Infatti durante il periodo estivo sono stati toccati valori record. Ben 32 città sulle 50 prese in considerazione, erano al di sopra del limite consentito dalla legge, in vigore dal 1 gennaio 2010, che fissa tale soglia a 120 microgrammi/metro per non più di 25 giorni l’anno.