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Marea Nera, la BP punta il dito sulle società costruttrici

Cinquanta esperti della BP hanno lavorato ben 4 mesi alla redazione di un documento che attribuisce la causa della rottura del pozzo Macondo alla società di trivellazione e alla ditta costruttrice. Ma questo rapporto non servirà a ristabilire l'equilibrio dell'ecosistema violato

(Rinnovabili.it) – E’ proprio il caso di dirlo, la British Petroleum ha fatto a “scarica barile”. Per la precisazione si sta parlando di 4,9 milioni di barili di greggio rilasciati in mare dallo scorso 20 aprile, data dell’esplosione della piattaforma Deep Horizon e dell’inizio del versamento in mare del greggio. A quasi cinque mesi dal disastro nel Golfo del Messico la BP ha pubblicato delle “valutazioni interne”:https://www.bp.com/bodycopyarticle.do?categoryId=1&contentId=7052055 redatte da un team di 50 esperti in merito alle cause che avrebbero potuto, secondo la società petrolifera, scatenare la fuoriuscita di greggio: “Non è stato un singolo fattore a causare il disastro del pozzo Macondo”. Con queste parole la BP cerca quindi di spartire le colpe, puntando il dito contro la Transocean per non aver gestito al meglio la piattaforma, aver commesso una serie di errori durante la trivellazione e aver ignorato chiari segnali di pericolo. Ma le accuse sono anche contro la Halliburton per aver utilizzato un cemento di scarsa qualità nella realizzazione del pozzo il cui cedimento è alla base del disastro, come se dividere le colpe tra più attori possa diminuire i danni irreversibili di cui è stato vittima l’ecosistema marino e il sistema economico.
Sentendosi per questo vittima dell’essersi fidata di due società esperte del settore ha dovuto versare, in poco più di 4 mesi, la somma ingente di 8 miliardi di dollari per gli interventi resisi necessari a bloccare la fuoriuscita di petrolio, cifra che sicuramente salirà ulteriormente superando a breve i dieci miliardi.