In occasione del “M’illumino di meno”, la giornata della mobilitazione internazionale in nome del risparmio energetico, uno dei grandi “maestri” del nostro settore ci offre una sua riflessione
Il vero imperativo di una società moderna è “di più”. “Deve” essere di più, ogni anno, il prodotto interno lordo, il numero delle automobili vendute, il numero dei telefoni cellulari, eccetera. “Deve” essere di più la quantità di elettricità che permette di far funzionare i frigoriferi, i telefoni cellulari, i computer, che illumina le case, i campi sportivi, le notti festose delle città. “Di meno” -molti ancora ritengono – significa squallore, buio, tristezza, gli alimenti che vanno a male.
E invece no: quello che conta non sono i chilowattore o i chili di gasolio, ma la qualità dei servizi e finalmente sembra che alcuni, forse “molti”, si stiano convincendo che è possibile avere case illuminate, calde d’inverno e fresche d’estate, che è possibile muoversi nelle città e comunicare ed essere felici con “meno” chilowattore di prima, che risparmio di energia, di materiali, di spazio. ”Risparmiare”, non solo non è parolaccia, ma è un programma politico nazionale e internazionale.
*Tanto più che la tecnica oggi offre i mezzi* per ottenere elettricità, caldo, freddo, mobilità, possibilità di diffondere informazioni, con processi e materiali che hanno un minore “costo” di salute e di conflitti, per chilowattora o per chilometro percorso o per ora di illuminazione. Mi riferisco alle fonti di energia e ai combustibili ottenuti dal Sole, il grande reattore nucleare a fusione, messo opportunamente a 150 milioni di chilometri da noi, del tutto sicuro e senza scorie radioattive.
h4{color:#FFFFFF;}. Giorgio Nebbia