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Lynas: Copenhagen vista dietro le quinte

Una lunga intervista della CNN al giornalista saggista ambientalista che ha assistito a molte delle trattative dei grandi stati durante la Conferenza di Copenhagen

(Rinnovabili.it) – E di oggi un’approfondita intervista della CNN al giornalista e scrittore ambientalista britannico Mark Lynas. Si tratta di un tipo singolare, autore di molte pubblicazioni giornalistiche e svariati saggi sulla crisi ambientale. E’ salito anche alla ribalta delle cronache nel 2001 per aver tirato una torta in faccia a Bjørn Lomborg, docente universitario e autore del “The Skeptical Environmentalist” (L’Ambientalista Scettico) in cui sosteneva che molte previsioni degli ambientalisti erano esagerate. Lynas giustificò il gesto affermando che si trattava di “a pies for damn lies” (_una torta per le bugie_), protesta per le asserzioni di Lomborg che minimizzavano gli effetti del global warming.
L’intervista è motivata dal fatto che lo scrittore è stato testimone di alcune importanti trattative alla Conferenza di Copenhagen e il suo è un interessante report del “dietro le quinte”.
Quei colloqui li definisce un “disastro vicino”, solo perché il peggior risultato sarebbe stato nessun accordo, che poi era la situazione che si andava delineando. L’accordo è stato insufficiente, ma a suo avviso poteva andare anche molto peggio.
Esprime disappunto per la posizione della Cina, una delle nazioni che ha impedito un vero accordo a Copenaghen, ma negli ultimi 15 anni ricorda come siano stati i paesi ricchi a boicottare gli accordi, paesi come gli Stati Uniti, l’Australia, il Canada o il Giappone.
A Copenaghen gran parte dei Paesi del mondo era disposta ad arrivare a seri obiettivi sulla diminuzione delle emissioni a lungo termine, ma qualsiasi accordo è stato bloccato da paesi in via di sviluppo.

Ma Lynas non pensa che il fallimento di Copenhagen sia così disastroso. A suo avviso i grandi paesi inquinatori hanno ancora bisogno di tempo per pensare a come affrontare tale emergenza, ma sanno anche che non possono rimandare all’infinito.
Non convince invece, spiega il giornalista, la tesi secondo la quale, siccome i paesi ricchi hanno a lungo inquinato, ora quelli più poveri hanno il diritto di inquinare. Secondo lui è una teoria viziata sia moralmente che ecologicamente e costituisce un punto nodale, addirittura di tipo culturale, che va superato e attraverso il quale occorre inevitabilmente passare per poter sbloccare i negoziati. E giunge ad affermare che occorre anche cambiare il linguaggio utilizzato per discutere i cambiamenti climatici, da tutte le informazioni sulla condivisione degli oneri, alla condivisione delle opportunità. Questo sarebbe anche un grande cambiamento mentale e di conseguenza anche un rilevante mutamento politico ed economico.
Parlando di Obama e delle possibilità che la sua influenza possa in qualche modo aiutare a trovare un accordo (anche se molti sono rimasti delusi della sua azione a Copenhagen), Lynas conferma la sua personale stima nel presidente degli Stati Uniti. Ma sottolinea che, come qualsiasi leader, deve confrontarsi sempre con dei compromessi, dovuti nello specifico alle pressioni interne dalla destra repubblicana che rende quasi impossibile ratificare un trattato internazionale in Senato, soprattutto se ha a che fare con il cambiamento climatico.

Lynas crede che a Copenaghen, Obama abbia presentato un’offerta ragionevole, anche se era solo il 4% inferiore ai livelli del 1990, ma, ricorda, che occorre anche fare conti con i valori cui siamo giunti oggi. Il punto è che tutti i paesi devono stabilire un tetto alle loro emissioni e gli Stati Uniti si sono seduti ad un tavolo per discuterlo. E, ci ricorda, negli Usa la gente si chiede: “Se la Cina non si muove, perché dovremmo farlo noi?”. Ma prima o poi questo tipo di interrogativo si allargherà anche all’Europa. Quindi pensa che, a questo proposito, sia indispensabile un meccanismo politico che assicuri ai cittadini che tutti i Paesi stiano lavorando insieme e, spiega, con un gioco di squadra comune. L’intervista con la CNN si conclude con l’affermazione di Lynas secondo la quale non ci sono grossi problemi, almeno a livello tecnologico, per diminuire la concentrazione dei gas serra ed evitare quei cambiamenti climatici che possono essere fronteggiati in vario modo. Questo è un problema di scelte politiche che investono la responsabilità dei governi. Lynas si dimostra invece molto più preoccupato per la perdita di biodiversità di fronte alla quali siamo, a suo avviso, molto più impreparati e che porterebbe ad un notevole impoverimento del pianeta.