*Mauro Spagnolo – Presidente, Aper è la prima associazione nazionale in quanto a rappresentatività delle fonti rinnovabili nel loro complesso e una delle maggiori operanti in Europa per numero di iscritti e potenza installata. In più di vent’anni di attività quali sono stati i vostri punti di forza e quali, invece, gli obiettivi che vi ponete per il futuro come Associazione?*
Roberto Longo – Ritengo che la nostra Associazione stia oramai stabilmente coprendo quel ruolo di riferimento nello sviluppo dell’industria delle fonti rinnovabili che tutti noi ci eravamo posti come obiettivo di attività. La scelta fatta di operare con fermezza nel difendere gli interessi degli associati con un atteggiamento non di sterile protesta ma di costruttiva e competente propositività ha dato i suoi frutti e mi auguro che continuerà a darli. I numeri lo dimostrano: nel corso del 2009 abbiamo superato i 460 associati in rappresentanza di una potenza installata di oltre 7.600 MW distribuiti in 1.122 impianti per una produzione totale annua di circa 25 TWh, quindi una gran parte di tutta la potenza installata in Italia da fonti rinnovabili (ad esclusione del grande idroelettrico) ma soprattutto per la qualità degli associati e delle fonti utilizzate. Si va dai piccolissimi produttori di fotovoltaico e minihydro per giungere ai grandi operatori energetici. Tutti gli associati hanno così mostrato con la loro convinta adesione di credere che APER possa rappresentare al meglio, nella complessità dimensionale e tecnologica dell’universo dei produttori da fonti rinnovabili, le istanze e le necessità di tutti, promuovendo azioni improntate all’equilibrato contemperamento degli interessi dei vari operatori per giungere ad un quadro di riferimento normativo, regolamentare e di sostegno che offra a tutti, indipendentemente dalla dimensione e dalla tecnologia, una pari opportunità di partecipare allo sviluppo del settore. Il ruolo dell’Associazione nei prossimi mesi e nei prossimi anni sarà pertanto quello di assicurarsi che il nuovo quadro normativo e di incentivazione che risulterà dal recepimento della nuova Direttiva Europea 2009/28/CE sulle rinnovabili sia tale da permettere e favorire la crescita e il consolidamento di una categoria imprenditoriale ampia e diversificata evitando che la sfida di crescita del settore si trasformi in una occasione di pura concentrazione di poteri economici e industriali. Per questo APER sempre di più si renderà disponibile ad accompagnare i propri associati in questo processo di crescita e diversificazione rendendo accessibili tutti i necessari strumenti di formazione e informazione in campo tecnologico, normativo, economico e finanziario.
*M.S. – Aper ha puntato anche sullo sviluppo delle energie rinnovabili nei paesi emergenti. Qualche anno fa, infatti, avete deciso di metter in piedi il Progetto Spes, per offrire sostegno a chi vuole realizzare impianti per la produzione di energia pulita nei paesi in via di sviluppo. Attualmente collaborate con molte associazioni e Onlus. Ci può raccontare il motivo che vi ha spinto a realizzare questi progetti e darci anche un bilancio di questi primi anni di attività?*
R.L – Anche SPES, il gruppo creato all’interno di APER per interventi di cooperazione volontaria per lo sviluppo dell’autosufficienza energetica per le comunità del terzo mondo ha visto in questi anni importanti realizzazioni.
Grazie al coordinamento svolto dall’ing. Frosio con l’attivo supporto della dott.ssa Gollessi, SPES ha sviluppato numerosi interventi in collaborazione con altre organizzazioni sia italiane che internazionali. Tra questi lo sviluppo di una minicentrale idroelettrica in Tanzania, l’avvio di una coltivazione sperimentale di jatropha in Togo, lo studio dell’elettrificazione di un ospedale nel sud del Sudan solo per citarne alcune. La collaborazione sempre maggiore degli associati è la premessa di ulteriori interventi che oltre ad aiutare i meno fortunati nel mondo contribuiscono a dare un contenuto di solidarietà ed umanità all’Associazione.
*M.S. – Restando in campo internazionale, sappiamo che, ad oggi, l’Italia dovrà lavorare molto per raggiungere gli obiettivi del 2020. Proprio in merito a queste nuove sfide Aper ha, di recente, organizzato l’incontro _”L’Italia di fronte ai target europei al 2020″_. Lei ha dichiarato che l’Italia negli anni passati era all’avanguardia in molti dei settori dell’energia pulita. Poi _“la crisi del mondo delle partecipazioni statali ha impedito lo sviluppo di un vero e proprio polo industriale. Per tutti gli anni Novanta il settore è stato mantenuto da imprese di piccole dimensioni”_. Qual è, invece, in questo momento, il modello di sviluppo che si sta delineando nel settore delle rinnovabili italiane?*
R.L. – L’Italia è stata pioniere nello sviluppo della ricerca e delle tecnologie industriali dell’energia rinnovabile fino alla fine degli anni ottanta, poi il cambiamento intervenuto nel tessuto industriale dell’energia ha progressivamente fatto perdere posizioni e poi di fatto scomparire la presenza del nostro Paese. Ora dobbiamo ripartire senza esitazioni, con il coraggio e le capacità che hanno sempre caratterizzato i “miracoli” italiani, siamo ancora in tempo e da subito, facendo prevalere le nostre capacità di saper fare sul riavvio di una ricerca di nuove tecnologie che farebbe perdere ulteriori opportunità di mercato. Finché non considereremo il raggiungimento degli obiettivi ambientali e di sostenibilità energetica come un’occasione di competitività invece che un costo da cercare di minimizzare affidandosi alla speranza che anche gli altri non li raggiungeranno o agli strumenti di trading, saremo vittime passive e non protagonisti dello sviluppo. Lo sviluppo delle FER potrà rappresentare una enorme opportunità per una classe di imprenditori che faticosamente si è andata formando in questi anni oppure potrà essere l’origine della loro scomparsa o trasformazione in nuove realtà industriali e imprenditoriali.
Certamente richiederà dei cambiamenti di cultura, di approccio, di strutturazione societaria e finanziaria delle nostre aziende e ritengo che il ruolo di APER nei prossimi anni sarà proprio quello di accompagnare questo cambiamento fornendo a tutti gli associati in maniera imparziale gli strumenti per affrontare il cambiamento, operando sia all’interno sia, e soprattutto, verso le istituzioni per fare in modo che questo cambiamento sia a vantaggio di tutti senza creare asimmetrie di conoscenza e di strumenti di intervento.
*M.S. – Presidente il nostro Paese sta, come sappiamo, vivendo un momento decisivo il consolidamento del comparto delle energie rinnovabili. Recentemente lei ha dichiarato che gli incentivi sarebbero un _“male necessario”_ ma che devono essere adeguatamente gestiti. Secondo lei quali strategie dovranno essere messe in campo per arrivare a far sì, come lei ha affermato, che alla data del 2020 lo Stato non spenda più dei 4,2 miliardi di euro attuali per sostenere la produzione di fonti rinnovabili?*
R.L. – Ritengo che il vero cambiamento che dovremo chiedere al Governo sia l’abbandono della politica degli incentivi allo sviluppo delle FER per passare finalmente ad una politica di promozione delle stesse. APER ha sostenuto con forza e chiarezza come, se venissero razionalizzate, rese omogenee e attuate normative chiare e trasparenti per lo svolgimento dei procedimenti autorizzativi (garantendo iter procedurali non discrezionali e dai tempi e costi certi degli impianti e delle opere di rete) si potrebbero ridurre di un terzo il livello delle incentivazioni.
Risulta quindi necessaria un’azione di efficientamento complessivo del sistema. Non dimentichiamoci che gli incentivi non sono il fine, bensì lo strumento per arrivare a produrre energia pulita e competitiva. In sostanza la ricetta si può sintetizzare in ridurre le barriere per ridurre gli incentivi, eliminando innanzitutto tutti gli extra costi connessi alla produzione di energia verde che gravano sul sistema, come ad esempio i ritardi amministrativi, i canoni e i sovra canoni, gli oneri di allacciamento, di sbilanciamento, i costi assicurativi e le compensazioni.
*M.S. – Quali sono, infine, a suo avviso gli strumenti normativi che il legislatore dovrebbe adottare per risolvere i nodi critici nei diversi settori delle rinnovabili?*
R.L. – L’Associazione è particolarmente attenta al recepimento della nuova direttiva UE in materia di fonti rinnovabili (dir. 28/2009/CE) e di mercato interno dell’energia (dir. 72/2009/CE); sulla definizione del riparto tra Stato e Regioni degli obiettivi di sviluppo delle FER al 2020 (burden sharing); sulla definitiva approvazione delle linee guida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione unica degli impianti e sulla conseguente attività regionale di adeguamento a esse.
Anche l’anno 2009 è infatti trascorso senza aver visto l’emanazione delle sempre attese linee guida nazionali per il procedimento unico autorizzativo. E’ dal 2003 che gli operatori sono in attesa di questo importante provvedimento previsto dal d.lgs. 387/03 e, nel frattempo, sono sempre le Regioni ad aver sopperito a quest’assenza, introducendo linee guida regionali che hanno dato luogo ad uno sviluppo delle fonti rinnovabili a diverse velocità, tante quante sono le regioni. Nel variopinto e frammentario quadro regionale che ne consegue, anche nell’ultimo anno si è assistito in molti casi alla nascita di discipline che contrastano con i principi di semplificazione del procedimento autorizzativo dei nuovi impianti ed impongono gravosi – e spesso ingiustificati – vincoli agli impianti rinnovabili. Nell’arco del 2010 si tornerà a discutere di linee guida nazionali e della revisione dell’incentivo in Conto Energia per il settore fotovoltaico, sperando sia l’anno buono anche in considerazione del recepimento della Direttiva Europea 28/2009/CE. Primo appuntamento: la scadenza del 30 giugno 2010 per la presentazione del piano nazionale di attuazione della suddetta direttiva da parte dei 28 paesi UE. Mi chiedo, a questo punto, se l’Italia sarà l’apripista o il fanalino di coda.