Approvato, ma “con riserva”, il piano d’azione italiano di allocazione delle emissioni di anidride carbonica per il periodo 2008-2012. È quanto ha reso noto il portavoce del commissario all’Ambiente Stavros Dimas, Barbara Helffreich. La Commissione Ue ha infatti chiesto all’Italia di ridurre del 6,3% le emissioni totali di biossido di carbonio, attribuite dal Governo italiano all’industria. A fronte dei 195,8 milioni di tonnellate consentite da Bruxelles, ne sono stati invece richiesti 209. Ai fini dell’approvazione del piano, la Commissione ha quindi esortato l’Italia ad un ulteriore sforzo di riduzione per attenersi alle direttive europee. Questo obbligherà il sistema industriale italiano a reperire sulla Borsa delle emissioni le quote necessarie per rispettare i vincoli. ‘L’Europa è fermamente determinata a raggiungere il suo obiettivo del protocollo di Kyoto e a fare del sistema di scambi di quote di emissioni uno strumento per permettere di lottare efficacemente contro il cambiamento climatico’, ha dichiarato Dimas, che ha sottolineato come ‘la decisione di oggi testimonia chiaramente questa determinazione’.
Per il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, sarà l’industria del carbone ha subire i tagli maggiori. ‘Il carbone costa poco, produce molta Co2 e consente i maggiori guadagni’, ha dichiarato il ministro, che ha poi aggiunto come la richiesta della Commissione ‘era prevedibile’ perché ci sono state ‘pressioni’ e ‘si è tentato di fare delle forzature’.
Intanto Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’Energia, ha proposto di ricalibrare i criteri di calcolo delle emissioni di gas serra tenendo conto dell’economia globale. Per Ortis, infatti, è ‘indispensabile per valutare correttamente le emissioni europee, considerare non solamente quelle determinate dalle produzioni europee, ma quelle ascrivibili ai consumi del nostro continente. Fino a quando l’acquisto in Europa di un bene prodotto in altri continenti non verrà computato in alcun parametro di valutazione ambientale europeo non vi sarà alcuna garanzia di agire verso il contenimento delle emissioni; anzi è reale il rischio di concorrere a incrementarle attraverso un pur indesiderato incentivo indiretto a importare o a delocalizzare le produzioni in territori ove la tutela ambientale è ben poco praticata’, con particolare riferimento ai Paesi asiatici, Cina in testa. Il presidente dell’Autority si è detto comunque consapevole della ‘complessità’ di passare da un approccio ‘su base territoriale a un approccio di limiti alle emissioni indotte per prodotto’. (fonte Ansa, Agi)