Rinnovabili • Rinnovabili - Inform - Act - Share Background Rinnovabili • Rinnovabili - Inform - Act - Share Background

Le Maldive guardano al bio-fertilizzante che cattura la CO2

Grazie alla combustione di gusci di noci di cocco sarà possibile creare un nuovo fertilizzante biologico in grado di incamerare CO2, utile alla concimazione del terreno agricolo

(Rinnovabili.it) – Il governo delle Maldive mira alla riduzione della proprie emissioni dannose utilizzando dei fertilizzanti a base biologica. A tal fine è stato lanciato, in collaborazione con una società inglese, la “Carbon Gold”, un progetto che mira alla riduzione dell’utilizzo di fertilizzati, soprattutto di quelli importati sostituendoli con un fertilizzante biologico.
Il ministro della Pesca e dell’Agricoltura, Aminath Shafia, ha specificato che nell’arcipelago è molto diffuso l’utilizzo di fertilizzanti inorganici provenienti dall’estero; questa consuetudine dovrebbe terminare grazie al nuovo progetto che mira alla creazione di un carbone biologico denominato “biochar”, creato utilizzando i rifiuti organici, quali gusci di noci di cocco, disponibili in abbondanza in tutta l’area.
Biochar viene prodotto grazie allo “slow cooking”, comunemente chiamato pirolisi, ossia una combustione in assenza totale di ossigeno e ad alte temperature, che non rilascia in atmosfera i prodotti della combustione. Il risultato è un carbone molto ricco di carbonio che, miscelato al terreno, rilascia sostanze nutrienti utili all’agricoltura. I vantaggi sono notevoli: creando con i rifiuti un fertilizzante biologico si avranno prodotti migliori senza i costi dell’acquisto di concimi chimici dall’estero.
Il progetto è stato accolto con favore dal presidente Mohamed Nasheed, intenzionato da tempo a rendere il suo Paese carbon-neutral entro il 2020.
Inizialmente si dovrebbe procedere in tre isole delle Maldive per poi diffondere la pratica in tutto l’arcipelago, visto che gli agricoltori hanno manifestato interesse per il progetto.
L’idea ha però spaventato gli ambientalisti inglesi che hanno espresso perplessità visto che non è stato accertato che la maggior parte del carbonio rimanga nel sottosuolo e in alcuni casi aiuta si la crescita delle piantagioni, ma in altri la blocca creando danni al raccolto.