Dalla fantasia di un designer britannico arrivano le lampade che si alimentano col sangue o con il respiro. Uno sguardo provocatorio al modo in cui si usa ed abusa dell’energia
Madre natura sembra avere una risposta davvero a tutto e continua ad ispirare in maniera prolifica design e ricercatori. Anche in un campo come quello dell’illuminazione i processi naturali sembrano offrire soluzioni innovative o quantomeno approcci differenti dal solito. E’ quanto accade con le lampade organiche pensate dal designer britannico, ma trapiantato in Belgio, Mike Thompson. Nel 2009 la proposta di Thompson, più provocatoria che altro, fu la *Blood lamp*, un’ampolla usa e getta in grado di illuminarsi al contatto col sangue. Il dispositivo conterrebbe polvere di luminol, esattamente lo stesso composto chimico utilizzato dalla Polizia Scientifica per cercare tracce biologiche nelle scene del crimine. All’occorrenza basterebbe rompere l’ampolla e versarci qualche goccia di sangue per ottenere la famosa luce azzurrognola dei telefilm polizieschi. L’attenzione ovviamente è tutta rivolta al meta messaggio contenuto nell’idea: prendere in considerazione quanto ci voglia anche ad accendere una semplice lampadina e quanto sia importante dunque non sprecare l’energia.
Dalla mente del designer britannico viene anche la *Latro Lamp*, lampada “vivente” che sfrutta le micro-alghe per convertire l’anidride carbonica in luce. Tutto ciò sarebbe reso possibile dalla recente scoperta fatta da ricercatori delle università di Stanford e Yansei. Gli scienziati hanno infatti dimostrato come durante la fotosintesi di questi microorganismi possa essere sottratta una piccola corrente inserendo nano elettrodi nei cloroplasti algali. Nell’ipotesi di riuscire a sfruttare questo principio, alla Latro Lamp basterebbe dunque solo un po’ di acqua, la luce del sole e l’utente stesso respirandoci dentro innescherebbe il processo. L’energia così prodotta, spiega Thompson, verrebbe immagazzinata in apposite batterie pronta ad essere rilasciata nelle ore notturne.