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La nuova casa sostenibile: cohousing e autocostruzione

Un nuovo modo di concepire e costruire la casa, seguendo criteri di sostenibilità non soltanto ambientale ma anche, e soprattutto, sociale. Casa quindi come luogo più facilmente accessibile, come centro di aggregazione e come strumento primario nella lotta agli sprechi energetici. Sono stati principalmente questi i temi al centro del convegno ‘L’altro abitare: dal cohousing all’autocostruzione’, organizzato dall’assessorato alle politiche abitative della Regione nell’ambito di Dire e Fare, alla Fortezza da Basso a Firenze. Cohousing, autocostruzione, edilizia sostenbile ed autorecupero analizzati attraverso uno sguardo a ricerche ed esperienze condotte non solo in Toscana ma anche nel resto del paese e fuori dai confini nazionali.

«Nella nostra esperienza – ha detto l’assessore al welfare e alle politiche abitative Salvatore Allocca – la casa è stata finora intesa nella sua accezione standard, tesa cioè a soddisfare le esigenze della famiglia come unico modello relazionale. Oggi invece la famiglia tradizionale si sta disgregando, così come la società, e nonostante questo non siamo stati capaci di offrire alternative ai nuovi modelli abitativi. Riuscire invece a costruire un’offerta diversificata in base a queste nuove esigenze, può contribuire a creare una domanda più consapevole». Proprio la disgregazione sociale può, in un certo senso, contribuire all’innovazione in questo settore.

«Il cohousing – ha aggiunto Allocca – con un intreccio tra pubblico e privato può rappresentare uno strumento importante in questo senso. Così come l’autocostruzione: alcune esperienze italiane confermano che i legami sociali che si vengono a creare sono il vero valore aggiunto. La Regione intende ad esempio includere il cohousing anche nell’esperienza pubblica, come nell’edilizia popolare. Abbiamo emanato un bando da 13 milioni di euro proprio con questo scopo, per trasfondere nel pubblico quello che finora è stato fatto soltanto nel privato».

Migliorare la gestione climatica del patrimonio edilizio, responsabile di oltre un terzo dei consumi energetici complessivi. Questo un altro punto su cui è stato posto l’accento. «Sul versante della costruzione – ha spiegato l’architetto Pietro Novelli – e della ristrutturazione del patrimonio abitativo esistente c’è tantissimo da fare. L’edilizia consuma, in termini di gestione climatica, più di industria e trasporti, è la mentalità di chi costruisce e di chi usufruisce degli edifici a mutare radicalmente. L’Italia ha il peggior patrimonio edilizio in Europa: 270 miliardi di euro ogni anno sono dispersi da pareti e tetti dei nostri edifici».

In Toscana si sta muovendo qualcosa grazie ad una legislazione in materia piuttosto innovativa. «Ben 85 Comuni – ha detto ancora Novelli – dove vive il 42% della popolazione, stanno modificando i propri regolamenti edilizi introducendo criteri di qualità ed incentivi per realizzare edifici ecoefficienti. Si stanno portando avanti interessanti esperienze in linea con il progetto ‘Abitare Mediterraneo’ (che la Regione ha affidato all’Università di Firenze e alla Scuola Sant’Anna di Pisa, ndr) come le costruzioni in legno realizzate a Capannori, con intervento pubblico, a Scarperia, a Firenze. L’auspicio – conclude Novelli – è che tutti i Comuni toscani comprendano l’importanza di intervenire su questi aspettie e che la loro azione consenta una larga diffusione di edifici ecoefficienti nuovi o riqualificati, così da rendere le tecniche costruttive la normalità in un settore che è oggi sicuramente il più energivoro e ambientalmente impattante della nostra società».

A proposito di ‘Abitare Mediterraneo’, nel pomeriggio interessante l’intervento dell’ex assessore regionale Eugenio Baronti che quasi un anno fa lanciò il progetto, sostenuto con 3,5 milioni di euro dalla Regione. «Il modello di bioedilizia finora importato da noi è pensato e realizzato con tecniche valide per il nord Europa. C’è invece l’esigenza di crearne uno che che si inserisce nel nostro stile di vita e non solo dal punto di vista dell’efficienza energetica ma anche da quello sociale. Oggi da noi c’è bisogno di recuperare qualità dell’abitare perchè l’uomo, nella fase di progettazione, non è al centro delle attenzioni ma al margine. Ormai si costruisce soltanto per fini speculativi. Il legame tra sostenbilità sociale e ambientale – ha concluso – è fondamentale. Non dobbiamo soltanto costruire abitazioni bellissime e che consumano zero energia per trasformarle poi in bunker dove ciascuno di noi vive in solitudine. Vanno create invece anche quelle condizioni di vita in comune che sono esigenze primarie e fondamentali per l’uomo».

L’autocostruzione è stato un altro tema molto dibattuto. Oltre all’esperienza di San Piero a Sieve, Nicola Solimano della Fondazione Michelucci ha presentato i risultati di una ricerca nazionale, ‘L’autocostruzione: innovare facendo’. «In Italia le esperienze che abbiamo monitorato sono in tutto 48, 2 soltanto in Toscana, una conclusa a San Piero a Sieve alla fine degli anni ’80, e una a Monteriggioni, che però adesso è sospesa. Il dato interessante però è il fermento di tanti Comuni che promuovono iniziative e convegni e che in generale promuovono questo modo di realizzare una casa. L’autocostruzione è la risposta alla crisi degli alloggi e all’insufficienza delle politiche tradizionali. C’è bisogno di innovazione anche se, ripeto, per ora in Italia le esperienze sono ancora po che, quasi di nicchia e tendono a concentrarsi soprattutto in Lombardia ed Emilia Romagna. Finora si è trattato principalmente di iniziative private. Con la Regione – ha chiuso il suo intervento – vorremmo che nei prossimi piani venissero individuati dei fondi e che fosse potenziata la normativa, soprattutto per la qualificazione professionale delle persone che hanno intenzione di farvi ricorso».

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