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La morte invisibile

Diventa sempre più urgente trovare una soluzione definitiva per lo smaltimento delle scorie radioattive, il cui accumulo negli ultimi sessant’anni ha compromesso la vita in intere regioni

Lungo le strade nella provincia russa di Čeljabinsk, negli Urali meridionali, si notano strani cartelli stradali che esortano chi transita a chiudere finestrini e prese d’aria. Fino al 1991 questi luoghi erano severamente vietati agli stranieri (in parte lo sono ancora) ed erano sconosciuti al resto del mondo. Alcune città della zona non compaiono neppure nelle mappe geografiche perché ufficialmente non esistono. L’aria, la terra e le acque apparentemente normali della provincia di Čeljabinsk contengono la morte. Una morte invisibile fatta di radiazioni.
È qui che sorgono e sono ancora abitati Čelyabinsk-40, Čelyabinsk-65 e Čelyabinsk-70, i centri segreti russi dove furono installati, dopo la Seconda Guerra Mondiale, i maggiori complessi nucleari dell’Unione Sovietica. Čelyabinsk-40, più nota come Mayak, che in russo significa faro, è considerato il luogo più contaminato della Terra da rifiuti radioattivi.
Tuttora sede di un impianto per la produzione di plutonio destinato alla fabbricazione di bombe atomiche, l’area attorno a Mayak dal 1949 al 1967 è stata oggetto di continui e sistematici rilasci di enormi quantità di radionuclidi (elementi radioattivi) nell’ambiente, soprattutto nelle acque del fiume Techa e del lago Karachy (ormai non più potabili e prive di vita), nonostante se ne conoscessero perfettamente i pericoli.
In tutti questi anni la popolazione della zona, formata perlopiù da contadini che vivono in condizioni di estrema povertà e ignoranza, è stata esposta ad una quantità di radiazioni paragonabile a quella ricevuta dai superstiti di Hiroshima e Nagasaki. Centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini sono morti e continuano a morire per tumori e malformazioni congenite, nell’indifferenza delle autorità.
La Russia è una bomba nucleare ad orologeria. Nessuno sa con esattezza qual è la quantità esatta di scorie radioattive disseminate nell’ambiente in 40 anni di guerra fredda (si parla di parecchie decine di milioni di metri cubi tra rifiuti liquidi e solidi). Il problema è particolarmente grave perché le risorse economiche russe sono insufficienti ad affrontarlo e mancano adeguati controlli a causa dello scenario di completo caos nell’amministrazione statale, seguito alla disgregazione dell’Unione Sovietica.
Gli altri Paesi che hanno sviluppato attività e programmi nucleari però non sorridono. Negli Stati Uniti, esattamente come in Russia, la gestione dei rifiuti nucleari è stata in mano ai militari fino a vent’anni fa. Ciò ha comportato l’assenza di una supervisione civile e pubblica sulle modalità di smaltimento.
Oggi l’eredità della gestione militare americana, non molto attenta all’ambiente e alla salute dei cittadini, ammonta a 37 milioni di metri cubi di scorie radioattive disseminate in vari siti, spesso semplicemente sepolte sotto terra senza alcuna protezione (sono 10 le principali aree contaminate). Il Dipartimento dell’energia (DOE), che da un decennio sovrintende tutto il settore nucleare, compresa la produzione di armamenti, stima un periodo tra i 70 e i 100 anni, con una spesa da 200 a 1.000 miliardi di dollari, per risolvere la questione.
In Europa i rifiuti radioattivi provengono per lo più dal settore civile, non essendoci stata la corsa agli armamenti atomici come per gli USA e l’URSS. La produzione attuale di scorie nell’Unione Europea ammonta a circa 40.000 metri cubi l’anno. La dimensione del problema è variabile nei vari Paesi secondo i diversi sviluppi dei programmi nucleari. Francia e Gran Bretagna sono i principali produttori, avendo non solo il maggior numero di reattori attivi (rispettivamente 59 e 19), ma anche importanti programmi militari.

L’Italia è stato il primo paese industrializzato ad uscire dal nucleare con il referendum del 1987, in seguito all’incidente di Černobyl (in Germania nel 2000 il Governo Federale ha concluso un accordo con le industrie per una graduale uscita del Paese dall’energia nucleare entro il 2020; Spagna, Svezia e Belgio tra gli anni Ottanta e Novanta hanno avviato programmi simili). Nel nostro Paese, perciò, non c’è il problema di una produzione continua di scorie dai reattori, però ci sono quelle accumulate nel passato per le quali non è stata ancora trovata una soluzione definitiva.
La Sogin, la società subentrata ad Enel nella gestione delle centrali atomiche italiane, valuta in circa 60.000 metri cubi il volume complessivo di materiale radioattivo da smaltire (comprese le strutture delle vecchie centrali chiuse e da demolire), a cui bisogna aggiungere le 500 tonnellate di rifiuti a bassa radioattività prodotte annualmente da ospedali, acciaierie e impianti petrolchimici, più alcune decine di tonnellate di scorie ad alta radioattività che ci torneranno indietro dagli impianti di riprocessamento di Sellafield, in Inghilterra e di La Hague, in Francia (gli unici due in Europa). Qui il combustibile spento, che contiene ancora una grande quantità (94-95 per cento) di uranio e una piccola (2 per cento) di plutonio, potenzialmente riutilizzabili, viene ripulito dai cosiddetti prodotti di fissione (3-4 per cento), che non sono più utilizzabili e devono quindi essere smaltiti.

Secondo gli ultimi dati dell’International Nuclear Societies Council (INSC), ogni anno l’industria nucleare mondiale produce un volume di circa 270.000 metri cubi di scorie, tra media, bassa e alta radioattività. Il problema, però, non sono le quantità, effettivamente non molto elevate se paragonate con quelle di rifiuti prodotti dalle centrali a fonti fossili tradizionali (una centrale a carbone da 1.000 MegaWatt produce da sola in un anno 400.000 metri cubi di ceneri). Il vero problema è l’accumulo nel tempo di sostanze estremamente pericolose e che impiegano un tempo troppo lungo, sulla scala dei tempi umani, per diventare stabili. Il combustibile spento e scaricato dai reattori ad uranio attualmente impiegati (2° e 3° generazione), per esempio, mantiene una pericolosità elevata per un milione di anni. Le terre e le acque eventualmente contaminate, poi, diventano loro stesse radioattive e lo rimangono per centinaia di migliaia di anni.
Gli effetti delle radiazioni dipendono dal tipo e dalla dose ricevuta. Possono essere irrilevanti o molto dannosi. La quantità di radiazioni assorbita dagli esseri viventi si misura in sievert, un’unità che tiene conto della dannosità, a parità di dose, dei vari tipi di radiazioni. Mediamente ogni individuo assorbe 2,4 millisievert (un millesimo di sievert) all’anno per effetto della radioattività naturale, dovuta ai radionuclidi presenti nelle rocce (come il potassio 40, l’uranio e il torio), al radon (gas radioattivo presente del sottosuolo) e ai raggi cosmici.
Una dose superiore a 4 sievert è letale. Dosi inferiori possono provocare cancro, leucemia e malformazioni nei feti con una probabilità maggiore più è alta la dose. L’esposizione ad 1 millisievert all’anno al di sopra della dose naturale di radiazioni (limite massimo di dose stabilito dalla legge italiana per le persone in luoghi pubblici), corrisponde ad una probabilità di sviluppo di tumori mortali dello 0,001 per cento. È chiaro che le persone che subiscono un’esposizione prolungata nel tempo (per esempio gli abitanti vicino ad una centrale nucleare o a un deposito di rifiuti radioattivi) hanno fortissime possibilità di ammalarsi. Alcuni studi condotti dal Centers for Disease Control and Prevention, del Dipartimento della Salute degli Stati Uniti hanno evidenziato che i due terzi dei decessi per tumore al seno avvenuti in America tra il 1985 e il 1989, si sono registrati all’interno di un raggio di 100 miglia (circa 160 chilometri) dai reattori nucleari.
Al momento l’unico sistema praticabile per smaltire le scorie nucleari è quello di depositarle in aree controllate almeno finché la radiotossicità diminuisca al valore dell’uranio naturale.
I rifiuti a medio-bassa radioattività, cioè gli indumenti, gli utensili e i materiali provenienti dai reparti di radiologia degli ospedali, dagli istituti di ricerca e da alcune attività industriali, costituiscono circa il 95 per cento dell’intera produzione e sono i meno pericolosi, perciò il loro confinamento deve essere garantito al massimo per qualche secolo (in genere 300 anni sono sufficienti per abbattere di mille volte la radiazione dei radionuclidi a vita più lunga come il cesio).
Questi rifiuti vengono confinati in depositi superficiali, tipo trincee, silos o tumuli, e l’isolamento viene realizzato tramite barriere in calcestruzzo poste in serie, che impediscono la diffusione dei radionuclidi verso l’esterno.
I rifiuti ad alta radioattività sono solo il 5 per cento del volume prodotto dalle attività umane (tra i 10.000 e i 14.000 metri cubi all’anno), ma contengono il 95 per cento della radioattività. Si tratta delle barre di combustibile spento dei reattori nucleari e delle scorie solide e liquide che si creano durante la produzione del plutonio e durante il riprocessamento.
Le scorie ad alta attività mantengono livelli di radiazione incompatibili con l’ambiente per centinaia di migliaia di anni e quindi non è possibile fare affidamento su barriere artificiali, che non potrebbero garantire la sicurezza per periodi così lunghi. Si prevede così di depositare tali rifiuti, previo incapsulamento in matrici vetrose e nei cosiddetti “casks”, ossia contenitori cilindrici di acciaio praticamente indistruttibili, in formazioni geologiche stabili e profonde centinaia di metri, che possono assicurare, teoricamente, l’isolamento per milioni di anni, come per esempio le formazioni saline e quelle argillose.
I depositi geologici profondi sono ancora in fase di studio o, nei casi più avanzati, di realizzazione pilota. In Europa, laboratori sperimentali sotterranei sono in costruzione in Finlandia, Svezia, Francia e Svizzera. Il progetto più avanzato è quello finlandese che dovrebbe vedere la luce nel 2020.
Negli Stati Uniti dal 1999 è in esercizio, vicino a Carlsbad nel New Mexico, il Waste Isolation Pilot Plant (WIPP), il primo e, per ora, unico deposito geologico funzionante al mondo per lo smaltimento di scorie radioattive (in una miniera di sale a 700 metri di profondità, per un volume totale di 175.600 metri cubi). L’impianto, però, non è destinato ai rifiuti radioattivi ad alta attività, bensì allo smaltimento di indumenti, utensili e materiali contaminati da plutonio e da elementi transuranici, tutti a bassa e media attività.
La realizzazione di un deposito geologico per i rifiuti nucleari non è un’operazione semplice. Al di là dei costi enormi (finora il WIPP è costato un miliardo di dollari), un sito permanente di stoccaggio di scorie radioattive solleva problemi di accettabilità sociale notevoli. Inoltre nessuno può garantire per centinaia di migliaia di anni l’effettiva tenuta di qualunque formazione geologica.
Un anno fa, nel Marzo del 2008, il famoso progetto americano di un deposito geologico definitivo per le scorie ad alta attività, posto a 300 metri di profondità sotto la Yucca Mountain, nello Stato del Nevada, è stato definitivamente abbandonato, nonostante i quasi 8 miliardi di dollari già spesi. Il DOE aveva garantito la stabilità del sito e la sua tenuta all’aria e alle infiltrazioni d’acqua per 10.000 anni (anche se il picco nelle emissioni radioattive si sarebbe verificato dopo 400.000 anni), ma le forti proteste delle associazioni ambientaliste, dell’Epa, l’Agenzia federale degli Stati Uniti per la protezione dell’ambiente, e dello stesso Stato del Nevada da sempre contrari, hanno vinto la lunghissima battaglia (il progetto originale risale a vent’anni fa).

Anche in Italia, nel 2003, si cercò di costruire un deposito geologico permanente per i rifiuti radioattivi, a Scanzano Jonico, in Basilicata. Il progetto venne bloccato quasi immediatamente, non solo per le vivaci proteste degli abitanti della zona, provocate soprattutto dal grave errore politico del Governo che tentò d’imporre la decisione dall’alto senza consultare le autorità locali e informare preventivamente la popolazione sulle caratteristiche del progetto, ma anche per la ferma opposizione di autorevoli scienziati (tra cui il premio Nobel Carlo Rubbia). Al contrario di quanto affermato dalla Sogin, fu rilevato che Scanzano Jonico non ha i criteri minimi di sicurezza previsti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (IAEA). Si trova, infatti, in zona sismica, è troppo vicino a centri abitati, a fiumi e a falde acquifere superficiali, è in un’area soggetta a frane, erosioni ed alluvioni ed è a meno di un chilometro di distanza da un giacimento metanifero. Tutte le caratteristiche peggiori per costruire un deposito di scorie radioattive.
Date le enormi difficoltà di realizzare un deposito geologico e premesso che in seguito ad accordi e trattati internazionali ogni Paese deve smaltire i propri rifiuti nucleari e che non è permesso usare come depositi i ghiacci dell’Antartide e i fondali marini (fino alla Convenzione di Londra del 1995 che lo ha vietato, il seppellimento nei fondali marini era uno dei sistemi più quotati dai Paesi produttori di energia atomica), in tutto il mondo si stanno studiando piani alternativi.
Il progetto più interessante, che vede coinvolta direttamente l’Italia con l’Enea e il professor Carlo Rubbia, è quello dei reattori dedicati alla trasmutazione e degli acceleratori di particelle accoppiati a reattori per la trasmutazione, tecnologie in grado di abbreviare notevolmente il tempo di radioattività dei rifiuti provenienti dalle centrali nucleari (quelli ad alta attività), permettendo un ulteriore recupero energetico. La trasmutazione significa trasformare le scorie mediante un bombardamento di neutroni: in questo modo, uranio e plutonio diventano sostanze diverse non più radioattive o che emettono radiazioni al massimo per 600 anni, cioè un tempo molto più breve, nel quale si può gestire agevolmente il loro confinamento.
Un’altra scoperta estremamente importante è stata fatta da alcuni ricercatori americani dell’Institute for Genomic Research e dell’Università del Massachusetts. Nel 2003 hanno sequenziato il genoma di uno straordinario microrganismo del suolo, il “Geobacter sulfurreducens”, un batterio in grado di metabolizzare i metalli radioattivi come l’uranio. La sequenza genomica del “Geobacter” permetterà la messa a punto di tecnologie di bonifica delle acque di falda e dei terreni contaminati.
Per ora, però, non è prevedibile quando queste ricerche potranno avere un’applicazione a grande scala.
La contea di Hanford, nello Stato di Washington negli Stati Uniti, è un altro luogo di morte invisibile. Dal 1943, anno di entrata in funzione dei reattori di Hanford (qui fu fabbricato il plutonio per la bomba sganciata su Nagasaki), fino al 1989 furono riversati nell’ambiente circostante e nelle acque del fiume Columbia ingenti quantità di elementi radioattivi, tra cui il micidiale iodio 131 (isotopo altamente radioattivo dello iodio), un sottoprodotto gassoso della produzione di plutonio. Nonostante i tecnici della centrale avessero registrato fin dagli anni Quaranta una diffusione sempre più ampia dello iodio 131 (fino a 150 miglia dalle ciminiere), non fecero nulla, non modificarono la produzione e, anzi, tennero segreti per anni le analisi effettuate sui campioni di acqua e terreno.
Soltanto negli anni Ottanta incominciarono a circolare le prime notizie sulla reale situazione di contaminazione, quando l’aumento esponenziale dei casi di cancro nella popolazione e delle malformazioni dei bambini e degli animali nati nelle zone agricole della contea fece preoccupare seriamente il DOE e gli stessi funzionari della centrale. Fu anche e soprattutto grazie alla battaglia coraggiosa di Michele Gerber, abitante della zona e madre di famiglia con un PhD in storia all’Università di New York, se l’impianto di Hanford venne definitivamente chiuso. Il suo libro On the Home Front, pubblicato nel 1992, denunciò la responsabilità diretta dei tecnici della centrale e il loro silenzio omertoso sull’inquinamento radioattivo.
Oggi Hanford è una potenziale nuova Černobyl. Ospita il più vasto deposito di scorie ad alta radioattività degli Stati Uniti: 200 milioni di litri di rifiuti liquidi derivati dalla produzione del plutonio, 2.100 tonnellate di combustibile spento, 4 tonnellate di plutonio, 700.000 metri cubi di rifiuti solidi e un miliardo di metri cubi di terra contaminata. Le scorie radioattive, conservate per anni in contenitori inadeguati, si sono decomposte in sostanze altamente esplosive e sono diventate delle vere e proprie bombe atomiche, pronte ad esplodere alla prima scintilla. L’area, contaminata da decenni di scarichi scriteriati, è vasta circa 1.450 chilometri quadrati (la metà della Valle d’Aosta) e per risolvere il problema sono impiegate 1.240 persone a tempo pieno, con un budget annuale di 500 milioni di dollari.
Di fronte a questi luoghi, sorge un dubbio inquietante: quanti cimiteri nucleari come Hanford e Mayak ci sono nel mondo? Probabilmente molti più di quanti possiamo immaginare, vista la segretezza con cui sono stati condotti gli esperimenti atomici durante la guerra fredda.
Per evitare che il nostro Pianeta si trasformi in un deserto radioattivo, bisogna trovare al più presto una soluzione. Michele Gerber qualche anno fa ha detto: “in fondo non ho mai desiderato altro che un fiume pulito”.

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Rinnovabili • Incentivi fotovoltaico, i bonus 2024 per privati e famiglie

Incentivi fotovoltaico, tutti i bonus 2024 per privati e famiglie

Dal reddito energetico ai nuovi incentivi per l’autoconsumo virtuale, dal bonus fotovoltaico al 50% ai contributi regionali. Ecco una guida completa ed aggiornata a tutti gli incentivi dedicati al fotovoltaico in Italia per famiglie e privati

Incentivi fotovoltaico, i bonus 2024 per privati e famiglie
Guida agli incentivi per il fotovoltaico residenziale 2024

Guida completa e aggiornata agli incentivi statali e regionali per il fotovoltaico 2024

Anche nel 2024, in Italia, i privati cittadini possono dotarsi di un impianto fotovoltaico facendo affidamento su una serie di sussidi dedicati, dai bandi regionali ai contributi statali. Abbiamo raccolto tutti gli incentivi al fotovoltaico 2024 in una guida, per offrire una panoramica completa e aggiornata degli strumenti di agevolazione finanziaria e fiscale attualmente in vigore e delle modalità per accedervi.

Incentivi al fotovoltaico 2024 per privati e famiglie: bonus e contributi statali

Tra fine del Superbonus 110% e nuove configurazioni dell’energy sharing, i regimi incentivanti per il fotovoltaico dei privati cittadini stanno mutando rapidamente. Oggi la tendenza generale è quella di premiare gli impianti solari in autoconsumo e mettere in campo nuovi strumenti contro la povertà energetica. Dagli ecobonus edilizi “rimaneggiati” al pannelli solari gratuiti per le famiglie a basso reddito, ecco come stanno cambiando gli incentivi per il fv residenziale.

Fotovoltaico gratuito, i contributi del Reddito Energetico (ISEE) 

Una delle grandi novità in tema di incentivi statali al fotovoltaico domestico è il Reddito energetico nazionale 2024. La misura permette di ottenere, per alcune fasce economiche della popolazione, pannelli fotovoltaici domestici in maniera gratuita grazie ad un contributo in conto capitale. Con l’obiettivo più ampio di riuscire a realizzare nell’arco di due anni – il 2024 e il 2025 – circa 31mila impianti solari residenziali al servizio di famiglie in condizione di disagio economico. Budget stanziato per il biennio: 200 milioni di euro.

Beneficiari: possono fare richiesta del Bonus Fotovoltaico Reddito Energetico tutti i nuclei familiari con ISEE inferiore a 15.000 euro; oppure inferiore a 30.000 euro ma con almeno 4 figli a carico. L’incentivo è destinato al Soggetto realizzatore dell’impianto.

Tempistiche: le domande per gli incentivi possono essere presentate dal 5 luglio 2024 fino al 31 dicembre 2024, o fino ad esaurimento fondi. Dopo solo 24 ore gli 80 milioni destinati alle Regioni del Sud e le Isole sono andati esauriti. Ad oggi rimangono unicamente quelli per il resto dell’Italia.

Tipologia di intervento: Il bonus Reddito energetico 2024 incentivata i sistemi fotovoltaici residenziali su coperture e/o superfici di edifici con taglia compresa tra 2 e 6 kWp. Il contributo prevede una quota fissa massima di 2.000 euro più una quota variabile di 1.500 euro per ogni kW di potenza installata. Le agevolazioni previste dal Reddito Energetico Nazionale non sono cumulabili con altri incentivi pubblici.

Come fare domanda: L’istanza per il Reddito energetico deve essere inoltrata direttamente dalla piattaforma dedicata del Gse (Gestore dei Servizi energetici), previa iscrizione o identificazione con SPID. L’installazione di moduli fotovoltaici sul tetto va considerata manutenzione ordinaria e pertanto ricade nelledilizia libera che non richiede nessuna autorizzazione o atto amministrativo necessario per procedere immediatamente.

Fotovoltaico gratuito, i contributi del Reddito Energetico (ISEE) 

Bonus Fotovoltaico 50%  

Noto anche come Bonus Casa 50% o Bonus Ristrutturazione, questo contributo permette di portare in detrazione il 50% delle spese sostenute (bonifici effettuati) in caso di interventi di ristrutturazione edilizia. Ma nella lista di lavori rientra anche l’acquisto e l’installazione di impianti fotovoltaici residenziali.

Beneficiari: Possono portare in detrazione le spese sia i proprietari di singole unità abitative, sia i condomìni per le parti in comune.

Tempistiche: le agevolazioni per i pannelli fotovoltaici rimarranno in vigore fino al 31 dicembre 2024 (salvo proroghe).

Tipologia di interventi:  La detrazione fiscale si applica sulla spesa per impianti fv su tetto, balconi e persino le facciate degli immobili, sistemi di accumulo compresi. Coperto anche anche un eventuale ampliamento dell’impianto solare a patto che la potenza di picco resti sotto i 20 kW. Limite massimo di spesa: 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare. Questo incentivo permette ancora di optare tra cessione del credito o sconto in fattura, ma unicamente per gli interventi effettuati prime del 16 febbraio 2023, o entro la cui data siano stati stipulati contratti vincolanti. 

Come fare domanda:  La richiesta della detrazione IRPEF deve avvenire tramite la compilazione della dichiarazione dei redditi. Per usufruire del bonus fotovoltaico al 50% è necessario:

  • il bonifico parlante, 
  • l’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti i requisiti tecnici dei lavori eseguiti,
  • la congruità delle spese con computo metrico,
  • l’APE,
  • l’invio della comunicazione della scheda tecnica all’ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

Per approfondire le modalità di richiesta, leggi Bonus ristrutturazione, cosa accade se il bonifico parlante non coincide con il beneficiario.

Bonus Fotovoltaico 50%  

Superbonus 70% per il fotovoltaico residenziale

Il Bonus fotovoltaico 2024 più famoso in ambito residenziale rimane quello definito “super”. Ma abbandonato una volta per tutte il generoso e complesso 110%, il Superbonus per gli interventi di riqualificazione energetica in edilizia, pannelli solari per privati compresi, scende all’aliquota 70%. Tra tutti gli incentivi al fotovoltaico 2024, questo contributo è in assoluto il più generoso ma presenta anche rigidi paletti.

Beneficiari: possono portare in detrazione le spese i condomìni e le persone fisiche per interventi su edifici composti da 2 a 4 unità immobiliari distintamente accatastate. 

Tempistiche: il Superbonus 70% rimane in vigore fino al 31 dicembre 2024, poi l’aliquota si abbassa al 65%.

Tipologia di intervento: il Bonus Fotovoltaico al 70% copre le spese sostenute nel 2024 per l’installazione di impianti solari, accumuli compresi, anche se i lavori non vengono effettivamente eseguiti nel medesimo anno. Con l’obbligo però di migliorare la certificazione energetica (APE) dell’immobile di almeno 2 classi. Il massimo che può essere detratto è 2.400 euro per ogni kW di potenza fotovoltaica installata, entro un massimo di 48.000 euro. In alcuni casi è ancora possibile chiedere la cessione del credito 2024.

Come fare domanda: Anche in questo caso la richiesta della detrazione IRPEF avviene tramite la compilazione della dichiarazione dei redditi. Per usufruire del bonus fotovoltaico al 70% è necessario:

  • il bonifico parlante, 
  • l’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti i requisiti tecnici dei lavori eseguiti e la congruità delle spese con computo metrico,
  • l’APE,
  • l’invio della comunicazione della scheda tecnica all’ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

Gli incentivi per le Comunità Energetiche Rinnovabili e l’Autoconsumo Diffuso 

Una forma di incentivi fotovoltaici 2024 molto convenienti è stata introdotta dal nuovo Decreto CACER e premia l’energia generata da impianti solari (ma non solo) e condivisa virtualmente nei gruppi di autoconsumo diffuso e nelle comunità energetiche rinnovabili (CER). Il regime prevede una tariffa premio riconosciuta sull’energia condivisa incentivabile e un corrispettivo di valorizzazione ARERA a rimborso di alcune componenti tariffarie (nel 2023 è stato di 8,48 euro/MWh).

Beneficiari: possono richiedere gli incentivi i condomìni nel caso dell’autoconsumo diffuso, i privati cittadini per le CER.

Tempistiche: la misura è già in vigore e può essere richiesta fino al trentesimo giorno successivo alla data di raggiungimento dei 5 GW incentivati totali; o in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2027.

Tipologia di intervento: Possono essere incentivati unicamente impianti entro 1 MW di potenza unitaria. La tariffa premio per il fotovoltaico delle CER e dei gruppi di autoconsumo varia a seconda della zona geografica e si suddivide in una tariffa fissa, legata alla potenza dell’impianto, e una tariffa variabile in funzione del Prezzo zonale.

Tabella incentivi al fotovoltaico nelle configurazioni di autoconsumo virtuale
Tabella incentivi al fotovoltaico nelle configurazioni di autoconsumo virtuale

Come accedere: L’invio della richiesta di accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso può essere fatto solo dal Soggetto Referente e l’istanza deve essere trasmessa tramite il Portale informatico del GSE “SPC-Sistemi di Produzione e Consumo”. 

Incentivi per l'Autoconsumo Fotovoltaico: CER e autoconsumo diffuso 

Incentivi per pannelli fotovoltaici nel Conto Termico 3.0 

E’ ancora presto per poter richiedere queste agevolazioni ma è opportuno parlare anche della proposta di Conto Termico 3.0, schema che modifica l’attuale regime incentivante per le rinnovabili termiche. L’attuale bozza del provvedimento propone di ampliare gli interventi ammissibili, incentivando accanto alle fonti rinnovabili termiche anche l’installazione di pannelli fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo, presso l’edificio o nelle relative pertinenze. A patto di sostituire contestualmente gli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti a pompe di calore elettriche

Beneficiari: La misura è aperta a privati, PA ed enti del terzo settore.

Tempistiche: Il Decreto Ministeriale è in fase di valutazione, dovrebbe entrare in vigore nel 2024 (salvo ritardi).

Tipologia di interventi: L’agevolazione è un contributo a fondo perduto (valore da definire). Attualmente sono in vigore incentivi che variano dal 40% al 65% della spesa sostenuta. Il Conto Termico è cumulabile con altri incentivi di natura non statale.

Come accedere: L’invio della richiesta di accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso può essere fatto solo dal Soggetto Referente e l’istanza deve essere trasmessa tramite il Portale informatico del GSE “SPC-Sistemi di Produzione e Consumo”.

conto termico 3.0

Fotovoltaico, gli incentivi regionali 2024

Non esistono solo gli incentivi statali. Diverse Regioni in Italia offrono oggi delle agevolazioni per i pannelli fotovoltaici, destinate a privati cittadini o comunità. E in molti casi i contributi sono cumulabili con le misure di supporto distribuite a livello nazionale. Vediamo nel dettaglio i bandi regionali 2024 che sostengono la crescita del fotovoltaico residenziale, assieme a tempistiche e modalità per presentare la richiesta.

Gli incentivi al fotovoltaico residenziale del Friuli Venezia Giulia

Il bando del Friuli Venezia Giulia ammette a finanziamento l’acquisto e installazione di impianti fotovoltaici con annessi sistemi di accumulo a batteria, realizzati a servizio di unità immobiliari a uso residenziale con categoria catastale da A1 ad A9 e A11 situati nel territorio regionale.

Beneficiari: Possono partecipare al bando del FVG le persone fisiche residenti nel territorio regionale, ma la richiesta deve essere legata ad un solo immobile.

Tempistiche: il bando regionale è stato lanciato nel 2023 ma le richieste possono essere ancora presentate fino alla fine del 2024.

Tipologia di intervento: gli incentivi sono concessi a fondo perduto nella misura del 40% del costo totale dell’intervento. Per un impianto fotovoltaico di taglia sotto i 800 W (compresi anche i sistemi fotovoltaici Plug and Play da balcone) è ammissibile un costo massimo di 1.720 euro; per un impianto di potenza pari o superiore a 800 W, è ammissibile un costo massimo di 3000 euro al kW (per un totale massimo di 18.000 euro).

Come accedere: la domanda di incentivo deve essere presentata esclusivamente “online” attraverso il sistema “ISTANZE ONLINE” della Regione. L’incentivo è cumulabile con le detrazioni fiscali nazionali e con altri incentivi, purché la somma delle agevolazioni ottenute non superi la spesa complessivamente sostenuta.

Emilia Romagna: Contributi per le Comunità energetiche rinnovabili

L’Emilia Romagna ha lanciato un Bando del valore di 6 milioni euro, per favorire lo sviluppo di CER, in coerenza con la L.R. 5/2022, attraverso la concessione di contributi economici a copertura dei costi per l’installazione degli impianti fotovoltaici di  accumulo dell’energia a servizio delle comunità energetiche stesse e delle relative spese tecniche.

Beneficiari: le Comunità Energetiche Rinnovabili ubicate sul territorio della Regione Emilia-Romagna.

Tempistiche: il bando dell’Emilia Romagna si è aperto il 12 giugno 2024 per chiudersi il 31 ottobre 2024.

Tipologia di intervento: Per ogni Impianto/Unità di produzione deve essere presentata una singola domanda di contributo ed è riconosciuto il 25% dell’importo minore tra: la spesa ammissibile effettivamente sostenuta per l’investimento e  il massimale di spesa ammissibile previsto per l’investimento. La percentuale di contributo riconosciuta per ciascun impianto potrà essere aumentata del 5% qualora la CER sia situata in aree montane ed interne del territorio regionale, oppure vi prendano parte Soggetti economicamente svantaggiati (ISEE fino a 15.000 €), o il progetto sia localizzato nelle aree interessate dall’emergenza alluvione del Maggio 2023.

Come accedere: La domanda di contributo dovrà essere trasmessa alla Regione tramite applicativo web Sfinge 2020. I contributi del bando sono cumulabili con altri aiuti di Stato.

Fotovoltaico residenziale, il bando 2024 della Toscana

Quest’anno la Toscana ha pubblicato il Bando contributi “Casa a zero emissioni” finalizzato al miglioramento della qualità dell’aria nei 14 Comuni dell’area di superamento “Piana lucchese”. L’intervento stanzia 6 milioni di euro per interventi di dismissione di generatori di calore già installati e a uso residenziale a favore di pompe di calore ad alta efficienza, a cui possono essere aggiunti pannelli fotovoltaici con sistema di accumulo a batterie. 

Beneficiari: possono richiedere gli incentivi al fotovoltaico i cittadini residenti nei comuni Altopascio, Capannori, Lucca, Porcari, Buggiano, Chiesina Uzzanese, Massa e Cozzile, Montecatini Terme, Monsummano Terme, Montecarlo, Pescia, Pieve a Nievole, Ponte Buggianese, Uzzano. Ma le richieste devono riferirsi ad un singolo immobile per famiglia.

Tempistiche: il bando è stato aperto il 15 febbraio 2024 e rimarrà in vigore fino a esaurimento fondi.

Tipologia di intervento: in caso di sostituzione di caminetto a legno o stufa a biomassa, il bando della Toscana permette usufruire di un contributi a fondo perduto fino ad un massimo di 3.000 euro per l’acquisto di un impianto fotovoltaico. Più altri 500 euro in caso di aggiunta di un sistema di accumulo. L’incentivo scende a 2.400 euro massimi in caso di sostituzione di un impianto a gasolio.

Come Accedere: solo online tramite la piattaforma di Sviluppo ToscanaLe agevolazioni sono cumulabili con gli incentivi nazionali del Conto Termico e degli ecobonus edilizi e possono essere incrementate in base all’ISEE.

Fotovoltaico Basilicata, il bonus 2024

Per il 2024 la Regione Basilicata ha messo a disposizione 15 milioni di euro con cui incentivare il fotovoltaico residenziale e altri impianti rinnovabili domestici. Alla cifra si aggiungono 24 milioni di euro per il 2025.

Soggetti beneficiari: proprietari o usufruttuari di immobili in cui gli stessi hanno la residenza.

Tempistiche: Il bonus fotovoltaico della Basilicata può essere richiesto dall’8 aprile fino al 31 dicembre 2025 o fino a esaurimento budget.

Tipologia di interventi: Il regime lucano assegna contributi a fondo perduto valido per impianti fotovoltaici con una potenza non inferiore a 3 kWp (5% di tolleranza). Il sussidio può arrivare fino a un massimo di 10.000 euro compresi i sistemi di accumulo.

Come accedere:  La procedura di prenotazione delle risorse è “a sportello”. Le istanze devono essere presentate attraverso la piattaforma “Centrale bandi” della Regione Basilicata.

Bonus fotovoltaico basilicata 2024

Incentivi al fotovoltaico 2024, il bando della Lombardia

La Regione Lombardia è storicamente uno delle amministrazioni territoriali che più ha incentivato il fotovoltaico residenziale. Dai bonus destinati ai pannelli solari sul tetto a quelli per l’accumulo fotovoltaico passando per i contributi elargiti alle comunità energetiche, la Regione si è sempre distinta. Divenendo non a caso, la prima in Italia per numero di impianti solari in esercizio e per autoconsumo solare. Nel 2024 lo slancio “locale” si è affievolito, per lasciare spazio ai nuovi sussidi statali. Reddito Energetico Nazionale e Bonus fotovoltaico 70% in primis. Ma qualcosa ancora persiste come nel caso del Bando Rifugi Alpini del valore di 5.000.000 euro, finalizzato a supportare interventi di ristrutturazione ed efficientamento energetico.

Soggetti beneficiari: Possono chiedere gli incentivi i gestori o i proprietari di rifugi alpinistici ed escursionistici di Comuni montani o parzialmente montani.

Tempistiche: le domande possono essere presentate a partire dalle ore 10.00 del 10 luglio 2024 ed entro le ore 16.00 del 31 ottobre 2024.

Tipologia di Intervento: Si tratta di una sovvenzione a fondo perduto di massimo 300.000 euro a per singolo rifugio. Gli incentivi supportano tra le altre cose, anche l’installazione di impianti fotovoltaici ed eventuali sistemi di accumulo. Ogni soggetto richiedente può presentare più domande nel limite dell’importo max. complessivo di 600.000 euro.

Come accedere: La domanda deve essere presentata esclusivamente mediante la piattaforma Bandi e Servizi della Regione Lombardia all’indirizzo www.bandi.regione.lombardia.it.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili è entrato in vigore

Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili è entrato in vigore

Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili del MASE è entrato in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il 2 luglio 2024. Ecco tutte le norme e la suddivisione regionale della nuova potenza verde

Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili è entrato in vigore
le nuove norme del Decreto Aree Idonee 2024. Via depositphotos

Il Decreto Aree Idonee Rinnovabili è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale

Dopo un lungo periodo di rimpalli tra MASE (Ministero dell’Ambiente) e Regioni, il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili ha concluso il suo iter normativo. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 2 luglio 2024, il provvedimento ministeriale è entrato ieri formalmente in vigore. Nato con l’obiettivo di fare chiarezza sulle aree da destinare o meno agli impianti eolici e fotovoltaici, il testo finale, tuttavia, non centra a pieno l’obiettivo. Il braccio di ferro innescato da poter centrale e potere locale ha ottenuto come risultato quello di demandare il peso delle decisioni più importanti alle amministrazioni regionali. Senza compiere di fatto quella semplificazione e omogeneizzazione inizialmente sperata.

Ma il decreto in questione è molto di più. Nelle sue pagine sono infatti contenute le nuove quote di Burden Sharing, ossia le ripartizioni regionali dell’obiettivo nazionale per la capacità rinnovabile 2030. Nel dettaglio le 19 Regioni e le due Province autonome di Trento e Bolzano dovranno spartirsi 80 GW di potenza verde attesa per la fine del decennio.

Decreto Aree idonee 2024, cosa contiene il testo

Il Decreto Aree Idonee Rinnovabili è composto da 9 articoli in totale, suddividendo le norme in due capitoli: la ripartizione della potenza fra regioni e province autonome; i principi e i criteri per l’individuazione delle cd. aree idonee.

La disciplina è stata voluta dal decreto legislativo n. 199 del 2021, ma nella pratica avrebbe dovuto rispondere ad un bisogno “storico”. L’obiettivo iniziale era, infatti, quello di ridurre al minimo quegli spazi di dissidio che hanno connotato in passato il rapporto tra livelli di Governo proprio in riferimento al tema delle FER.

Tuttavia il provvedimento risponde anche ad una seconda esigenza, ossia dividere tra i territori quegli 80 GW di potenza verde che il Belpaese dovrebbe installare entro la fine di questo decennio. Nel dettaglio a ogni regione è stata assegnata una capacità minima da raggiungere annualmente, a partire dal 2021. Nel conteggio annuale rientrano tutti i nuovi impianti e i progetti di potenziamento. Sia terra che in mare. Ma vediamo la ripartizione nel dettaglio.

Burden Sharing 2030, le nuove capacità rinnovabile regionale

 Ai fini del calcolo per il raggiungimento degli obiettivi territoriali, il Decreto Aree Idonee Rinnovabili tiene conto della potenza nominale degli impianti nuovi, potenziati, riattivati, ricostruiti integralmente o oggetto di rifacimentoentrati in esercizio dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento”. Compreso il 100% della capacità installata in mare.

Per questi ultimi il Decreto prevede, in caso di connessioni ricadenti in regioni diverse da quelle in cui insistono gli impianti offshore, una speciale ripartizione della potenza. Il 20% a carico del territorio  in cui si trovano le infrastrutture di connessione  alla  rete  elettrica  e  il restante 80%, “in via proporzionale rispetto alla reciproca  distanza, tra le altre regioni  la cui costa sia direttamente  prospiciente l’impianto”. 

Ai fini del raggiungimento dei target regionali il nuovo schema Aree Idonee Rinnovabili riconosce per gli impianti geotermici ad alta e media entalpia e quelli idroelettriciuna potenza nominale aggiuntiva pari alla potenza di ogni fonte rinnovabile per il relativo parametro di equiparazione”. Contestualmente il testo affida al GSE il compito di pubblicare i parametri di equiparazione sulla base della producibilità media rilevata da idro e geotermia rispetto a quella da fonte fotovoltaica.

Il contributo maggiore? Sempre quello della Sicilia con oltre 10,4 GW per la fine del decennio, seguita dalla Lombardia (8,7 GW) e dalla Puglia (7,3 GW).

Decreto Aree Idonee 2024, la capacità assegnata alle Regioni

Impianti rinnovabili: aree Idonee, non idonee, ordinarie o vietate

In base al provvedimento Regioni e Province avranno 180 giorni per individuare sul loro territorio con propria legge quattro tipologie di zone:

  • Le aree idonee, caratterizzate da un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a rinnovabili.
  • Le aree non idonee, le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti, sulla base delle linee guida governative già emanate.
  • Le aree ordinarie, ossia aree diverse dalle precedenti in cui si applicano i regimi autorizzativi ordinari.
  • Le aree vietate, zone che in base alle nuove norme introdotte con l’art.5 del DL Agricoltura sono precluse agli impianti fotovoltaici a terra.

Il potere di definire zone “appropriate e non” rimane, dunque, in mano alle autorità regionali e provinciali, ma, in caso di mancata adozione delle legge nei termini previsti e dopo un richiamo ufficiale con nuovo termine, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica adotterà “le opportune iniziative ai fini dell’esercizio dei poteri sostitutivi”.

Decreto Aree Idonee Rinnovabili: Principi e Criteri di individuazione

Il tema è stato uno dei più discussi durante l’iter di approvazione. Dopo una serie di rimaneggiamenti del testo, la formula finale del DM Aree idonee 2024 chiede alle Regioni di prendere in considerazione la massimizzazione delle aree da individuare al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Burden sharing. Dando priorità all’impiego di superfici di strutture edificate, quali:

  • capannoni industriali
  • parcheggi, 
  • aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica.

E verificando  nel contempo l’idoneità di aree non  sfruttabili per altri scopi, come ad esempio le  superfici agricole non utilizzabili.

Alle amministrazioni regionali è lasciata la possibilità di classificare le superfici o le aree come idonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto. Tenendo conto “delle aree immediatamente idonee di cui all’articolo 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Nelle aree non idonee entreranno automaticamente tutte quelle zone e superfici ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 

Una delle parti più contestate? Le nuove fasce di rispetto, ossia quelle porzioni di territorio a protezione di elementi sensibili nelle quali le trasformazioni urbanistico-edilizie sono sottoposte a disciplina specifica. In base al nuovo decreto le Regioni possono stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto. Con un limite massimo di 7 chilometri. I rifacimenti sono esclusi.

Leggi qui il testo in Gazzetta Ufficiale

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Rinnovabili • Incentivi Reddito Energetico, il Sud termina i fondi in 24 ore

Incentivi Reddito Energetico, il Sud termina i fondi in 24 ore

Con oltre 10mila richieste inoltrate attraverso lo sportello del GSE, le famiglie del Mezzogiorno e delle Isole hanno rapidamente saturato il contingente. Ora restano solo gli incentivi di reddito energetico per le altre regioni

Incentivi Reddito Energetico, il Sud termina i fondi in 24 ore
Il contatore degli Incentivi del Reddito Energetico 2024. Credits: GSE

 In un giorno prenotato l’80% delle risorse del REN 2024

Gli incentivi del Reddito Energetico Nazionale sono stati un successo. Perlomeno nelle Regioni del Sud Italia, dove in appena 24 ore sono andati esauriti gli 80 milioni di euro messo a disposizione dal regime. Lo hanno fatto sapere il 6 luglio, con note stampa separate, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetici (MASE) e il Gestore dei Servizi Energetici (GSE). Al netto  dei controlli e delle possibili rinunce, il REN 2024 ha mostrato come l’interesse per il fotovoltaico residenziale sia ancora particolarmente attivo. E come la misura, nata nel 2019 come strumento regionale di contrasto alla povertà energetica, abbia seguito il giusto corso.

Il Reddito Energetico ha visto la luce la prima volta nel Comune di Porto Torres, in Sardegna, come un progetto fortemente voluto dal sindaco pentastellato Sean Wheeler. L’obiettivo? Portare avanti un percorso sociale di rilancio economico del territorio, dotando le famiglie in difficoltà di pannelli solari gratuiti.

La bontà dell’iniziativa, dimostratasi fin da subito un successo, ha convinto prima altre regioni a replicare lo strumento e il poi il Governo Conte a studiare un meccanismo applicabile a tutto il paese. Tuttavia per trasformare l’idea in realtà sono occorsi anni, a causa sia del cambio di Governo e del rimpasto delle funzioni ministeriali che del particolare periodo storico.

Oggi appare chiaro che l’intuizione di Porto Torres possa costituire uno strumento interessante per alleviare la povertà energetica (allora, ben lontani dal caro bolletta 2022, si stimava un risparmio per famiglia di 150-200 euro). Un’opinione condivisa dal ministro dell’Ambiente Pichetto secondo cui “lo strumento ha avuto un buon  impatto e si rivelerà molto utile; in chiave economica ed energetica per le famiglie che lo hanno scelto, ma anche più in generale verso i nostri obiettivi di crescita delle rinnovabili sul territorio”.

Ma veniamo ai dati di questo fine settimana. Secondo le informazioni condivise dal GSE, le domande provenienti da Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna hanno saturato il contingente dedicato al Mezzogiorno. Ossia 80 milioni di euro su un totale annuale di 100 milioni.

Da questi territori sono arrivate, infatti, oltre 10.500 richieste di accesso agli incentivi Reddito Energetico 2024 in appena 24 ore, dalle 12.00 di venerdì 5 luglio 2024.

Ma il portale del GSE resterà aperto. In ballo ci sono ancora le risorse destinate alle famiglie con basso ISEE nel resto delle Regioni e Province autonome d’Italia. In questo caso il budget di 20 milioni di euro risulta “prenotato” solo per un quarto (dati aggiornati all’8 luglio 2024). Con 618 richieste pervenute.

Per controllare l’andamento degli incentivi REN 24 viene in aiuto il Contatore del GSE che mostra le risorse residue, suddivise per zona geografica e in funzione delle richieste depositate.

In attesa di capire quando il bando sarà definitivamente chiuso e se il Gestore riaprirà lo sportello nel corso dell’anno per riassegnare le risorse liberate da rinunce ed esclusioni, c’è chi propone di anticipare gli incentivi del Reddito energetico 2025.

“Visto il grande successo, chiediamo al Governo di anticipare il bando di febbraio, che prevede altri 100 milioni di euro, in modo da permettere a tutti coloro che sono rimasti esclusi di poter fare richiesta”, scrive Antonio Trevisi, Senatore del Movimento 5 Stelle. “È fondamentale agire rapidamente per soddisfare le esigenze dei cittadini e sfruttare al meglio le risorse disponibili e per questo motivo lancio un appello per l’apertura del nuovo bando nazionale già a settembre, evitando di aspettare fino al 2025, e sollecito la Regione Puglia a riaprire il bando del reddito energetico per i fondi residui. E non dimentichiamo che il reddito energetico non è solo un aiuto economico per le famiglie italiane, ma rappresenta anche un passo significativo sul piano ambientale, verso un futuro più sostenibile”.

Leggi anche Incentivi fotovoltaico, i bonus 2024 per privati e famiglie

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