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La lezione giapponese

Fukùshima è stata riclassificata incidente nucleare di livello 7, lo stesso usato per Chernobyl. Durante le fasi iniziali seguite al terremoto gli impianti della centrale hanno rilasciato ogni ora nell’ambiente iodio radioattivo per 10mila terabecquerel.
Ora dovrebbe essere chiaro a tutti che razza di disastro sia quello nucleare giapponese, dove i reattori coinvolti sono ben sei e nessuno sa più bene cosa fare per domarli. Ora dovrebbe essere chiaro quanto furono saggi gli italiani dopo Chernobyl a fermare gli sviluppi nazionali del settore.
La stagione nucleare italiana è durata dagli anni Cinquanta al 1987, l’anno del referendum che l’ha interrotta, speriamo per sempre. Allora avevamo quattro centrali nucleari attive, due al nord (Trino e Caorso) e due al centro sud (Latina e Garigliano), più un gran numero di impianti di vario genere (sperimentali, scientifici e altri meno ben definibili) sparpagliati un po’ ovunque (v. mappa). Nonostante il referendum l’eredità di questo attivismo nucleare non è di poco conto.

Leggendo l’inquietante Bidone Nucleare, libro del giornalista Roberto Rossi uscito all’inizio del 2011, c’è in effetti da mettersi le mani nei capelli. Pare ci siano in giro 93mila tonnellate di rifiuti nucleari di cui ben 15mila di terza categoria, che è quella più pericolosa, che resta radioattiva per migliaia di anni. Il resto è di seconda categoria, che resta pericolosa solo per qualche secolo…
A Rotondella di Matera abbiamo una sessantina di barre di combustibile irraggiato all’uranio-torio di origine americana che non sappiamo come gestire e che gli Usa non rivogliono indietro perché neanche lì si sa come metterle in sicurezza.
A Latina Borgo Sabotino la centrale, che quando fu accesa nel 1963 era la più potente d’Europa, costituisce tutt’ora un colossale problema, con migliaia di tonnellate di combustile che devono tornare dall’impianto di ritrattamento in Inghilterra e che nessuno sa dove mettere, e con ottanta persone che ogni giorno vanno a lavorare per custodire il mostro dal 1986, anno dello spegnimento.
La valle del Garigliano, nel nord della Campania, è contaminata dai numerosi incidenti con rilascio radioattivo capitati alla centrale, costruita in zona alluvionabile, e in quell’area nascevano talvolta mostri senza testa o con un occhio solo. Non è bello leggere queste cose ma bisogna, per farsi un’idea di come ha funzionato la prima stagione nucleare del Bel Paese e di come funzionerebbe anche la prossima, nel malaugurato caso che i referendum saltino.
Non prendiamo altri impegni per il 12 giugno, ne va della nostra salute. (di Vittorio Marletto – “www.pianetaserra.wordpress.com”:https://www.pianetaserra.wordpress.com)