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La geotermia sperimenta i fluidi bifasici

(Rinnovabili.it) – Un’ “analisi”:https://geothermal.inel.gov/publications/future_of_geothermal_energy.pdf tecnico-economica condotta dal Massachusetts Institute of Technology nel 2007 mostra l’enorme potenziale geotermico del paese nell’ambito della cosiddetta “terza generazione” o EGS (Enhanced Geothermal Systems) con cui si è in grado di creare risorse artificiali attraverso la stimolazione idraulica o migliorare fonti idrotermali già presenti. Mantenere la promessa di una produzione energetica pulita può tuttavia risultare più arduo dal punto di vista economico, scoraggiando gli investimenti iniziali e rallentando di conseguenza la riconversione energetica.
A dare una mano in tal senso potrebbe essere il nuovo approccio sviluppato in seno al Dipartimento di Energia del Pacific Northwest National Laboratory. Per incrementare l’efficienza termodinamica dei sistemi a bassa entalpia gli scienziati hanno studiato come vettore secondario, all’interno del ciclo binario, un particolare fluido metallo-organico nanostrutturato (MOHC); le caratteristiche bifasiche (liquido-vapore) permettono al MOHC di espandersi e contrarsi rapidamente consentendo dunque di estrarre molto più calore dal fluido geotermico e di conseguenza incrementando il rendimento quasi allo stesso livello dei convenzionali cicli a vapore.
Si tratta di un vantaggio del tutto imprevisto, come spiega il ricercatore Pete McGrail, dal momento che il lavoro di partenza era incentrato sulla sperimentazione di materiali CO2 assorbenti, pensati per i processi di cattura dell’anidride carbonica rilasciata a seguito di combustione. Il laboratorio può contare su 1,2 milioni stanziati dal Dipartimento per l’Energia, come una delle 21 sovvenzioni rilasciate per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili attraverso il Geothermal Technologies Program.

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