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La finanza mondiale spinge verso la green economy

(Rinnovabili.it) – La notizia è una delle tante che si sentono ultimamente. Grandi gruppi industriali, in vari settori, che man mano rendono sempre meno inquinanti i propri prodotti, il relativo processo produttivo, e il trattamento degli scarti. Ora è il turno della Ferrero, una delle più grandi multinazionali alimentari. Gli scarti dei packaging saranno trasformarti in carta. L’industria dolciaria di Alba riciclerà gli scarti delle sue confezioni per ricavarne carta sulla quale stampare le proprie pubblicazioni. Il progetto pilota partirà venerdì nello stabilimento di Rossano Veneto, qui inizierà la produzione di carta riciclata.
Siamo nell’epoca della Green Economy e delle opportunità che oggi e soprattutto nel futuro questo new-deal potrà offrire. Non a caso qualche giorno fa a New York oltre 450 investitori, che controllano attività per circa 13 trilioni di dollari, hanno esortato gli esecutivi dei Paesi del mondo di anticipare un trattato globale sui cambiamenti climatici e agire immediatamente sul riscaldamento globale, per non rischiare di perdere l’opportunità di costruire un’economia basata su basse emissioni di CO2.
“Dato che Copenaghen è stata un’occasione mancata – ha dichiarato Peter Dunsombe, presidente della IIGCC, una rete di investitori europei – è molto importante che i singoli governi regionali attuino un cambiamento di politica interna e stimolino la creazione di un’economia a basse emissioni di carbonio. I leader dei paesi sviluppati e dei paesi in via di sviluppo devono agire subito per compensare la mancanza di progressi”.
Il meeting tenutosi durante una conferenza all’Onu, ha costituito una prima riunione di uomini d’affari dopo la delusione della Conferenza di Copenhagen. Dal summit newyorchese è venuto un appello ai governi che, anche in assenza di un trattato, devono adottare politiche che palesino un forte gesto nella direzione di uno nuovo sistema economico basato sull’energia pulita.
Secondo gli investitori è assolutamente necessario che i governi di tutto il mondo agiscano al più presto per limitare le emissioni di gas serra.
“Gli investitori sono seriamente intenzionati a passare all’azione – è la dichiarazione del gruppo dei 450 investitori provenienti da Europa, America e Australia – Noi distribuiremo il capitale in base alle azioni che servono davvero a realizzare un sistema economico a basso tasso di CO2 e quindi i responsabili politici devono agire rapidamente”.
Prima della conferenza di Copenaghen, l’economista Stern Signore, e il capo del programma ambientale dell’ONU Achim Steiner, avevano detto al quotidiano britannico “The Guardian” che il fallimento del summit danese sarebbe stato “molto dannoso” per la fiducia degli investitori.
Quest’ultimi hanno, infatti, confermato che per loro è fondamentale che “i governi, soprattutto gli Stati Uniti, adottino obiettivi rigorosi di riduzione delle emissioni di gas serra nei prossimi dieci anni, nonché per il 2050”. Oltre alle energie rinnovabili, hanno chiaramente dichiarato che la green economy dovrà inevitabilmente toccare settori come la bioedilizia, le automobili più pulite e i sistemi di trasporto pubblico.
“Ciò di cui abbiamo più bisogno è l’azione di governo, sia negli Stati Uniti che in tutto il mondo – ha detto Anne Stausboll, l’amministratore delegato del California Public Employees Retirement System (Calpers, il più grande fondo americano per la pensione pubblica che ha un miliardo di dollari del suo patrimonio, 205 bilioni di dollari, investiti nella green economy) – Noi saremmo pronti a fare di più, ma – come ha detto la Stausboll – il Congresso Usa deve prima approvare la legge sul cambiamento climatico”.

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