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La classificazione energetica degli edifici: le esperienze nel mondo

La California è stata tra primi Paesi ad introdurre, nel 1978, delle regolamentazioni energetiche per la costruzione dei nuovi edifici, spianando la strada a due sostanziali tipologie di requisiti: prescrittivi e prestazionali. I primi definiscono nel dettaglio le caratteristiche di ogni singolo componente edilizio d’involucro, stabilendone le proprietà termiche, mentre i secondi si limitano ad imporre valori massimi del fabbisogno energetico dell’edificio, senza dettare il metodo per il raggiungimento. I cittadini californiani che richiedono la licenza edilizia devono garantire le caratteristiche richieste per i materiali, oppure devono dimostrare, tramite appositi software certificati, che il fabbisogno energetico dell’edificio non superi il limite prestabilito dalla normativa. Tali software servono anche per ottenere una classificazione dell’unità immobiliare in base ai consumi, secondo una scala rappresentata con segni grafici o bande colorate.
La prima di queste scale di classificazione è stata ideata in Australia nel 1986, con il nome di “Five Star Design Rating” (FSDR) ed utilizzava, come è intuibile, l’attribuzione di un numero di stelle a rappresentare l’efficienza energetica del progetto. Il motore di calcolo era basato sul programma “CHEETAH”, realizzato dal centro di ricerca scientifica ed industriale australiano CSIRO, che permetteva di valutare la risposta termica ed i consumi energetici. Successivamente il sistema è stato sviluppato ed adottato ufficialmente nel 1993 con il nome di “Nationwide House Energy Rating Scheme (NatHERS, sistema di classificazione nazionale energetico per le abitazioni). Il suo utilizzo non è obbligatorio ma alcune autorità richiedono la classificazione nel momento in cui l’abitazione viene posta sul mercato; in altri casi si richiede che ogni nuovo edificio in costruzione ottenga almeno tre stelle (su un massimo di cinque).
In alternativa alla simulazione esistono i “metodi di qualificazione a punteggio”: basta compilare una scheda con quesiti a risposta chiusa sull’edificio e sulle sue caratteristiche, per poter attribuire un punteggio all’unità immobiliare. Il metodo consente, quindi, anche a chi non è avvezzo al settore di poter avere dei parametri di valutazione del proprio edificio. Il numero di punti da attribuire è determinato in base ad una serie di simulazioni effettuate sulle tipologie edilizie; al punteggio corrisponde una categoria energetica, individuata con un certo numero di stelle. Diversi Stati utilizzano tale metodologia; si va dall’Australia, agli Stati Uniti fino ad arrivare al cosiddetto “Positive List Method” adottato in Danimarca.
Rimanendo in Europa c’è da dire che la situazione è molto variegata. In Francia è utilizzata la normativa “QUALITEL”, basata su una valutazione complessiva esclusivamente qualitativa, che però comprende anche una stima dei consumi energetici per la climatizzazione. La portoghese “RCCTE” (regolamentazione del comportamento termico degli edifici) è invece una combinazione di prescrizioni costruttive e di una sintetica classificazione energetica. I dati dell’edificio vengono inseriti in un foglio di calcolo e vengono stimati i fabbisogni energetici; sulla base di tale dato (che deve essere inferiore ai limiti massimi prescritti) l’edificio viene definito “accettabile”, “buono” o “ottimo” e viene concesso il permesso a costruire.
La Gran Bretagna ha sviluppato, sulla base del metodo “BREDEM”, il cosiddetto “MKECI” (Milton Keynes Energy Cost Index) fondato sul costo dell’energia; una versione leggermente modificata ha dato vita alla classificazione nazionale denominata “National Home Energy Rating” (NHER).
In alcuni Paesi, soprattutto nel sud-est asiatico, si utilizza il concetto di valore del flusso termico totale “Overall Thermal Transfer Value” (OTTV);questo rappresenta una sorta di trasmittanza termica media dell’involucro, comprendenti gli effetti della radiazione solare.
In Nuova Zelanda può essere utilizzato un metodo a scelta fra tre per soddisfare le prescrizioni dei regolamenti nazionali: “metodo della schedulazione”, “metodo del calcolo” e “metodo della modellazione”. A titolo d’esempio i requisiti da rispettare per rientrare entro i limiti di normativa riguardano valori di trasmittanza relativa a coperture e a muri esterni rispettivamente di 0,4 e 0,52 W/m2K.
Il “Building Code of Australia” (BCA) suddivide il territorio nazionale in otto zone climatiche e per ciascuna di esse detta i requisiti; quest’ultimi sono esclusivamente qualitativi e possono essere soddisfatti con particolari soluzioni costruttive o con soluzioni alternative. Nel caso in cui si opti per il secondo metodo bisognerà dimostrarne l’efficacia attraverso la simulazione con opportuni software (regolarmente accreditati presso gli enti di controllo) o attraverso la perizia di un tecnico.
Come già detto negli Stati Uniti sono molteplici i metodi regolarmente adottati. Uno di questi è il “Model Energy Code” (MEC), che viene associato a tre diversi metodi per l’approvazione: “conformità a prescrizioni costruttive”, “metodo del compromesso” e “metodo della simulazione”. Anche l’ “International Energy Conservation Code” (IECC) è uno dei sistemi utilizzati negli USA (anzi, quasi esclusivamente negli Stati Uniti, nonostante la denominazione “international”). Si basa sulle prescrizioni dell’ “ASHRAE” (American Society of Heating, Refrigerating and Air-conditioning Engineers) e della “IES” (Illuminating Engineering Society) che suddividono l’America in 38 zone climatiche.
Un discorso a parte va fatto per i cosiddetti “sistemi di classificazione complessi”; in sostanza si tratta di metodi per la classificazione energetica che vengono estesi per poter valutare anche altri aspetti quali l’impatto sull’ambiente o le emissioni nocive in atmosfera. Negli Stati Uniti viene utilizzato il metodo “LEED” (Leadership in Environmental and Energy Design). La Svezia adotta invece il protocollo “EcoEffect”: questo è basato sull’analisi del ciclo di vita (LCA) e considera il consumo di energia, ma anche di materiali e risorse ambientali. Tale metodo ha come output un unico indicatore (un valore numerico) che serve ad esprimere la qualità del progetto; se da un lato tale metodologia risulta abbastanza sintetica dato l’utilizzo di un solo indice, proprio questo aspetto racchiude in sé diverse problematiche riconducibili ai criteri adottati in fase di valutazione, e per tale motivo deve essere supportato dai cosiddetti “profili ambientali” che riportano le considerazioni espresse in fase di giudizio.
Di recente, in Australia, è stato introdotto “ABERS” (Australian Building Environmental Rating Scheme). Per gli edifici commerciali si utilizza invece “BGR” (Building Greenhouse Rating) che utilizza il già collaudato metodo di valutazione “a stelle”, assegnando da 1 a 5 stelle per una valutazione da “scarso” a “eccezionale”. Tale metodo tiene conto prevalentemente dell’utilizzo di energia, anche se si analizzano altri parametri quali ad esempio la quantità di CO2 emessa per unità di superficie abitabile. (fonte “Introduction to Architectural Science”, S.Szokolay)

Per saperne di più:

• “NatHERS”:https://www.nathers.gov.au/index.html
• “Green Building Council of Australia”:https://www.gbcaus.org/
• “National Home Energy Rating”:https://www.nher.co.uk/
• “Australian Building Greenhouse Rating”:https://www.abgr.com.au/
• “Whole Building Design Guide”:https://www.wbdg.org/
• “U.S. Green Building Council”:https://www.usgbc.org/
• “Swedish Energy Agency”:https://www.energimyndigheten.se/WEB/STEMEx01Eng.nsf/F_PreGen01?ReadForm
• “U.S. DOE Energy Efficiency and Renewable Energy”:https://www.eere.energy.gov/
• “Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation”:https://www.csiro.au/
• “QUALITEL”:https://www.qualitel.org/

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